La notizia è di poche settimane fa: Stefanel ha deciso, nell’ambito di un ampio processo di innovazione aziendale, di adottare alcuni dei principali tool di Google Apps for Work, vale a dire Gmail, Calendar, Hangout, Drive e Contatti. Una scelta che nasce dalla volontà – e dalla necessità – di rendere le comunicazioni interaziendali più semplici, efficaci e soprattutto ubique.
Una scelta, quella di Stefanel, che Google sta riscontrando anche in altre aziende ben radicate sul nostro territorio nazionale e che Fabio Fregi, Country Manager di Google for Work così commenta: “Le nostre soluzioni si inseriscono nei processi di change management aziendali e che vanno di pari passo con la crescita della domanda di innovazione all’interno delle imprese”.
Molti Ceo, prosegue il manager, “spingono la digitalizzazione delle loro imprese non solo per ridurre i costi e accelerare i processi, ma soprattutto per cambiare il loro modello di business”.
Fregi cita altri casi aziendali italiani che già oggi rappresentano best practice, in primis OVS, che non si è “limitata” all’adozione della piattaforma di lavoro Google per tutti i propri dipendenti, ma ha utilizzato le tecnologie Search for Work per potenziare i servizi erogati attraverso il suo portale e dunque l’esperienza d’acquisto dei suoi clienti, ha adottato “Shoppable Hangout” per aprire un nuovo canale di comunicazione con i suoi clienti, ha integrato la soluzione Google Order Sheet per riorganizzare la catena d’acquisto, mettendo in comunicazione 800 persone in 9 location al mondo con 700 fornitori e, last but not least, ha installato in due dei suoi punti di vendita di Milano, la magic fitting room, il camerino virtuale, anch’esso realizzato con tecnologie Google.
È comunque un percorso che interessa tutte le imprese, a prescindere dalla dimensione, anche se Fregi riconosce che nelle realtà di più piccole dimensioni il cambiamento è più facile, in assenza di una eredità legacy importante di cui tener conto, mentre nelle realtà di più grandi dimensioni le complessità sono evidentemente maggiori.
“Si tratta di una spinta top–down – prosegue -. Il Ceo ha capito che il percorso di digitalizzazione è utile e vuole intraprenderlo. Ha capito anche che il capitale umano presente in azienda è indispensabile al miglioramento delle performance e della competitività aziendale e di conseguenza spinge verso l’adozione di strumenti di collaborazione e di condivisione”.
Interessante la sua visione sulla tipologia di percorso di adozione.
“Io sono per le adozioni radicali”, sostiene Fregi, che guarda ai percorsi step-by-step come a strategie caute di chi ha paura di staccarsi dai vecchi modelli.
“A mio avviso bisogna superare il paradosso del tornello: quando si entra in azienda, si finisce per utilizzare tecnologie vecchie di vent’anni, mentre nella vita quotidiana tutti sono già proiettati verso nuovi modelli d’uso. I Cio hanno la percezione di un percorso rischioso e tendono a procedere con gradualità, spesso non rendendosi conto che proprio gli utenti non vedono l’ora di cambiare”.
In realtà, secondo Fregi, oggi che il tema della digitalizzazione è diventato prioritario per il management aziendale, il Cio ha l’opportunità di diventare Chief Innovation Officer, “guidando un processo di trasformazione aziendale che lo mette al centro della strategia di business, e non solo tecnologica, dell’azienda“.
Ma c’è un ulteriore aspetto del quale Google ha deciso di occuparsi, con l’obiettivo di facilitare le imprese nel percorso di adozione delle sue soluzioni.
Se una azienda interessata ad adottare Apps for Work ha in essere un contratto di classe enterprise con un altro fornitore di soluzioni, Google sosterrà le spese di attivazione di Apps for Work fino alla naturale scadenza del contratto già sottoscritto, partecipando alle spese di implementazione con uno dei suoi partner.