Fapav-Telecom: non ha valore la diffida al provider

Il Tribunale di Roma stabilisce che il provder non è tenuto a comunicare informazioni sull’identità degli utenti che si sono resi responsabili di download illeciti.

Il Tribunale di Roma si è espresso sulla vertenza che vedeva contrapposte FAPAV (Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva) e Telecom Italia. Antefatto, già illustrato in queste precedenti notizie, la richiesta pervenuta da FAPAV di fornire i nominativi degli utenti che avrebbero prelevato in modo illecito materiale coperto dalle leggi a tutela del diritto d’autore. Servendosi della consulenza di una società francese, FAPAV avrebbe accertato l’effettuazione di 2,2 milioni di download illegali da parte di abbonati Telecom Italia. I legali dell’azienda hanno sostenuto come il corretto trattamento dei dati personali sia prevalente rispetto alle esigenze probatorie. Il fornitore del servizio Internet, in quanto tale, non sarebbe poi tenuto a monitorare le attività in Rete degli abbonati ed a segnalare eventuali violazioni delle leggi sul copyright.

La sentenza del Tribunale di Roma sancisce la correttezza dell’operato di FAPAV che non avrebbe mai trattato dati personali degli utenti durante la sua attività d’investigazione.
La vittoria è comunque di Telecom che non è tenuta a comunicare informazioni sull’identità degli utenti che si sono resi responsabili di download illeciti. Il giudice di Roma, citando la normativa che disciplina il commercio elettronico, ha osservato che sull'”intermediario”, qual è Telecom, non grava alcun obbligo generico di sorvegliando ma soltanto l’adozione di comportamenti collaborativi con le autorità durante le attività di accertamento delle violazioni commesse dagli utenti.
A seguito della diffida ricevuta da FAPAV, Telecom “non solo non avrebbe dovuto ma nemmeno avrebbe legittimamente potuto interrompere il servizio, non essendo responsabile delle informazioni trasmesse, ai sensi dell’art. 14, comma 1 ed essendo contrattualmente tenuta alla prestazione“. L’avvocato Guido Scorza, Presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione, definisce la considerazione semplice e lineare: “non si può pretendere che un intermediario della comunicazione interrompa l’erogazione dei servizi in favore dei propri clienti sulla base di una generica diffida secondo la quale alcuni di essi avrebbero, forse, posto in essere condotte illecite, scrive l’esperto.

Il giudice aggiunge che tutti i provvedimenti nei confronti degli utenti debbono essere stabiliti dall’autorità giudiziaria. E solo quest’ultima può accettare e valutare le denunce presentate per poi aprire un procedimento volto ad accertare gli illeciti.

Viene anche rigettata la richiesta di FAPAV con la quale si chiedeva l’ammonizione degli utenti che si fossero resi responsabili del download di materiale soggetto a copyright. In Italia non è in vigore una normativa simile all’HADOPI francese ed al Digital Economy Bill” inglese.
Proprio nelle scorse ore anche l’Alta Corte irlandese ha approvato una legge simile che di fatto sancisce la legittimità delle attività di monitoraggio della connessione condotte dal maggior provider nazionale – Eircom – di concerto con le major.

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