Luglio 2004, Gli utenti sono restii a investire? Il canale si adopera per aggirare l’ostacolo e raggiungere ugualmente gli obiettivi di vendita. Non può essere che il vil denaro blocchi una trattativa o nuovi progetti di business o di crescita, …
Luglio 2004, Gli utenti sono restii a investire? Il canale si adopera
per aggirare l’ostacolo e raggiungere ugualmente gli obiettivi di vendita. Non
può essere che il vil denaro blocchi una trattativa o nuovi progetti
di business o di crescita, strutture terze si pongono come intermediarie nelle
trattative per mediare tra le necessità degli operatori e le carenze
cash dei loro clienti. Dove trovare, dunque, i soldi per poter far acquistare,
ma anche per procedere nello sviluppo con progetti innovativi, penalizzati da
costi proibitivi? Uno spunto arriva da Massimo Busuoli, technology
transfer specialist dell’Enea, Ente nazionale per le nuove
tecnologie, l’energia e l’ambiente, che avvisa dell’esistenza di fondi emanati
a livello europeo per le aziende che hanno idee innovative per lo sviluppo tecnologico.
«Senza criteri di dimensioni aziendali critiche, l’Europa mette a
disposizione finanziamenti a software house che siano in grado di proporre dei
progetti innovativi, seguendoli nelle fasi di ricerca e di testing dell’applicazione
stessa – avverte Busuoli -. Sono ormai molti i progetti che hanno ottenuto
i nostri finanziamenti e corrispondono a circa il 50% dei progetti propostici.
E non esistono barriere dimensionali di ingresso, pensiamo noi a mettere in
contatto con le altre realtà europee (visto che è dal Vecchio
Continente che arrivano i soldi) insieme alle quali portare a compimento la
sperimentazione dell’applicazione». Aziende con volontà di
crescita particolare possono anche ricorrere, perché no, alla Borsa,
che vuole sfatare le convinzioni comuni che le proprie porte siano aperte solo
alle aziende di grandi dimensioni: «Gli ingredienti che sono richiesti
alle società che intendono quotarsi in Borsa sono l’avere voglia di crescere
con dei piani definiti – informa Luca Lombardo, director
new markets & Ipo origination di Borsa Italiana -. E
sono requisiti che possono avere anche aziende di dimensioni più piccole,
alle quali intendiamo andare incontro, formulando richieste differenziate in
base alle loro dimensioni, analizzandole, per esempio, con cadenza trimestrale.
E nel comparto Ict ci sono delle realtà che sono particolarmente interessanti.
Su circa una ventina di aziende che abbiamo sottoposto ad analisi, almeno dieci
potrebbero avere i requisiti adatti alla quotazione. Sono imprese che si sono
avvicinate a noi per crescere, magari anche attraverso acquisizioni, e che con
tale mezzo si sentono in grado di attirare manager competenti che condividano
l’iniziativa per crescere ulteriormente utilizzando anche lo strumento delle
stock option, o ancora di accrescere la propria visibilità sul mercato».
E poi ci sono le "promozioni".
«Attraverso il controllo previsto da Basilea 2, inoltre, si prospettano
vantaggi effettivi in termini di incentivi per chi risponde ai requisiti e si
quota in Borsa entro la fine del 2004. Il governo ha reso possible una doppia
deducibilità dei costi previsti per la quotazione, rimborsando, di fatto,
le spese sostenute dalle aziende per attivare le operazioni». Meno
impegnativa la proposta che arriva, invece, da Ecs. I clienti non hanno soldi
da impegnare in acquisti? Passate al noleggio. «Ciò che offriamo
è una concreta alternativa all’acquisto, proponendo la locazione operativa,
della quale ci facciamo interamente carico – spiega Massimiliano
Molese, business partner manager di Ecs -. Ed
è una proposta prontamente attuabile dal canale, che può portare
a termine trattative per la fornitura di tecnologie ai propri clienti, ai quali
possono assicurare, nel contempo, l’aggiornamento delle strutture a tutela della
loro obsolescenza». Una scappatoia alle richieste di fido ai distributori,
dunque, e una maggiore libertà di fornitura, secondo Molese, che spiega:
«Ci occupiamo noi di acquistare le macchine che occorrono, per poi
portarle, presso i clienti dei rivenditori, attraverso i quali passa l’85% del
nostro business».
«Un’offerta che copre non solo il ferro, ma che si veste anche della
necessaria quota di servizi correlati, seguendo l’intero ciclo di vita delle
tecnologie, che sono l’oggetto del noleggio» puntualizza la collega
marketing manager Marinella Di Tomaso.
Quello riportato poc’anzi, però, è il punto di vista dei vendor
e delle istituzioni che, senza voler polemizzare, hanno tutto l’interesse a
mostrarsi aperti e disponibili per finanziare le iniziative delle terze parti
innescando una "virtuosa spirale di business". Ma è davvero
così facile farsi dare del denaro da chicchessia? Noi di Computer
Dealer&Var siamo andati a chiederlo ad alcuni dei protagonisti del
canale intervenuti alla tre giorni di Ferrara presentando, ma solo per rendere
i dati più leggibili, alcune percentuali. E così abbiamo scoperto,
per prima cosa, che se il 56,4% degli interpellati ha dichiarato di aver fatto
ricorso a svariate forme di finanziamento, il rimanente 43,6% ha, invece, risposto
negativamente alla nostra domanda, sottolineando, nel 17,9% dei casi, la volontà
di autofinanziarsi da soli, non solo per "non dover dire grazie a nessuno",
ma anche e soprattutto per "non rischiare d’indebitarsi troppo". Di
quel 56,4% che hanno fatto ricorso a una o più forme di finanziamento,
il 30,8% ha affermato di essersi rivolto alle banche, che sono state menzionate
anche da oltre il 23% delle realtà che hanno, invece, sostenuto di non
aver mai chiesto soldi in prestito, ma che hanno asserito di pensare agli istituti
di credito come ai primi attori del mercato ai quali si rivolgerebbero in caso
di bisogno. Non che si pensi un gran bene di loro, però. Il 12,8% del
campione ha affermato, senza tanti giri di parole, come: "I soldi le banche
li danno a chi li ha già" e che "se ti serve dieci, loro chiedono
garanzie per undici". A pari merito, anche se distaccate, seguono le aziende
private specializzate e gli enti statali e regionali, riportati dal 10,3% dei
rispondenti, mentre il 7,7% del campione ha affermato di aver fatto ricorso
a distributori e a società finanziarie, come realtà che possono
erogare quattrini.
Proprio su questo punto, però, è emerso una dato che a noi pare
essere interessante e sul quale ci riserviamo di tornare a indagare in futuro.
Si tratta del trend secondo il quale crescerebbe fra gli attori del canale la
propensione a ricorrere a società di consulenza (esperte in amministrazione
e finanza), ad associazioni di categoria o a divisioni specializzate "in
grado di seguire in prima persona l’erogazione dei finanziamenti agevolati,
specie se pubblici o frutto d’iniziative dell’Unione europea". Quest’ultima
chiamata in causa dal 35,9% dei rispondenti al nostro sondaggio, che hanno asserito
di aver fatto ricorso a finanziamenti erogati dall’Ue per motivi di vario genere.
Ovvero per procedere in formazione (12,8% degli intervistati), ma anche per
la ricerca e sviluppo, per l’imprenditoria femminile, la ristrutturazione dei
negozi, l’apertura di filiali nel Sud del Paese e la creazione di progetti innovativi
come quello sul telelavoro, citato da uno degli interpellati. A deludere, semmai,
dopo tanta intraprendenza, è il dato secondo il quale, il 59% del campione
ha affermato di non aver mai usufruito dei finanziamenti messi a vario titolo
a disposizione dall’Unione europea. Di questi, il 10,3% confessa "per ignoranza",
mentre il 7,7% ha addotto le piccole dimensioni della propria impresa come un
ostacolo alla base delle richieste inoltrate agli organi di competenza, definito
come "insormontabile". La difficoltà nel reperire informazioni
è poi stata citata dal 20,5% degli interpellati fra i quali, quelli con
più buona volontà, hanno espresso l’intenzione di skillare ad
hoc una risorsa "che possa occuparsi di reperire informazioni e istruire
adeguatamente le pratiche necessarie a partecipare ai bandi internazionali".
Ma fra le motivazioni che sembrano spingere il canale a guardare con circospezione
qualsiasi forma di finanziamento non c’è solo la volontà di "andare
avanti con le proprie forze". Oltre il 23% del campione ha citato la "troppa
burocrazia" fra i maggiori ostacoli all’accesso agevolato ai prestiti,
mentre per il 15,4% la vera difficoltà resta nelle dimensioni aziendali
e nelle garanzie economiche richieste da chi dovrebbe concedere il finanziamento.
Lo stesso che in molti ci hanno evidenziato essere legato al capitale sociale
di un’impresa, "il cui importo, però, non è detto corrisponda
a quello formulato nella richiesta di finanziamento".
Come se non bastasse, secondo qualcuno, le agevolazioni, i prestiti e quant’altro
"arrivano a pochi e a quelli a cui arrivano, molto spesso li sprecano"
sbarrando ancora di più la strada alle società di piccole e piccolissime
dimensioni "che desiderano comprare pc o investire in formazione e che
per tutta risposta si sentono dire di sì, solo se fatturano almeno 500mila
euro all’anno". Un’idea per aggirare l’ostacolo potrebbe, però,
essere quella sottoposta alla nostra attenzione da una società che si
definisce "contest provider" (ossia aggrega realtà Internet
con realtà di export) e che suggerisce ai propri clienti, dislocati soprattutto
nel Nord Est del Paese, di consorziarsi fra loro per accedere con maggiori possibilità
ai finanziamenti sia pubblici, sia privati. E con questo il cerchio si chiude.
Forse è davvero il caso che le imprese di casa nostra si aggreghino fra
di loro, come auspicato da più parti all’inizio, e per tutta la durata
di Ict Trade, per non rischiare di restare imprigionate in quel meccanismo perverso
che tende a far rimanere "nane" anche le aziende che vogliono crescere.