Il dynamic pricing magari non lo conosciamo come modello di vendita ma lo abbiamo sperimentato tutti: il traghetto per le isole che costa poco a novembre e tanto ad agosto, la stanza in albergo che cambia prezzo giorno per giorno, il prodotto di Amazon che… sembra non cambiare prezzo e invece lo fa probabilmente ogni decina di minuti circa. In sostanza tutti sappiamo che alcuni prodotti e servizi hanno un prezzo più alto nei momenti di picco e più basso in altri. Ma nel mondo food&beverage gli esempi di dynamic pricing sono molti meno che nel mondo retail in generale. In teoria non ci sono differenze fra i settori di mercato, nella pratica sì. Cerchiamo di capire meglio perché.
La teoria del dynamic pricing insegna che il prezzo di un prodotto parte da una valutazione classica (costo, markup, prezzi dei concorrenti e via dicendo) ma può essere fatto variare dinamicamente, entro un certo range, in funzione di diverse variabili legate tanto alle condizioni di approvvigionamento del prodotto stesso quanto alla domanda che viene dai consumatori finali ma anche alla strategia che si intende seguire per spingere un certo prodotto.
Studiosi e consulenti hanno negli anni definito molti modelli di dynamic pricing, alla fine però quelli che si mettono più spesso in pratica sono anche quelli più intuitivi: peak pricing, time-based pricing e penetration pricing.
Il peak pricing è l’aumento del prezzo quando la domanda sale, tecnica che può anche prevedere una variazione in senso opposto, con i prezzi che calano al calare della domanda.
Il time-based pricing fa variare il prezzo man mano che il prodotto vede aumentare il suo tempo sul mercato, magari anche per il prossimo lancio di una versione rinnovata.
Il penetration pricing è una strategia per cui il prezzo di lancio di un prodotto è inferiore a quello finale, proprio per favorire la sua prima diffusione.
Sono tutte tecniche che sono note nel mondo retail e applicate normalmente nell’e-commerce. La loro traslazione al settore food&beverage e in particolare alla parte dei punti vendita fisici non è immediata ma l’evoluzione che questo settore sta avendo nelle tecnologie adottate dai suoi attori, e anche nel tipo stesso di attori, la sta in qualche modo favorendo.
La penetrazione nel B2B
Se consideriamo la parte B2B della catena dal valore, quindi in primo luogo le aziende del food manufacturing, è la progressiva adozione di soluzioni ERP/analytics evolute che permette loro di applicare funzioni di dynamic pricing. In questo caso il vantaggio che si cerca è duplice: da un lato riuscire a definire prezzi di vendita dei propri prodotti che riducano al minimo i tempi e i rischi della negoziazione, dall’altro adattare genericamente i prezzi alle fluttuazioni del mercato, ad esempio alla riduzione della disponibilità delle materie prime per il mutare delle condizioni climatiche.
Nel primo caso si possono gestire dinamicamente i prezzi solo grazie alla presenza di piattaforme in grado di analizzare lo storico dei dati di vendita e le relazioni con lo specifico cliente, contestualizzandole con l’andamento generale dell’azienda e del mercato, per arrivare velocemente a un prezzo che sia allo stesso tempo sostenibile e vincente. Arrivarci velocemente è un elemento critico e sottovalutato, specie in un settore come il food&beverage in cui i processi di trattativa e approvazione delle proposte commerciali possono essere sin troppo articolati. La tecnologia permette invece un allineamento rapido tra tutte le parti in causa, dalla propria forza vendita al canale distributivo.
I modelli di dynamic pricing sono utili anche nel recuperare le fluttuazioni del mercato, anche se in questo caso la logica è reattiva e lo spazio di manovra è relativamente limitato. Le piattaforme di analytics sono in grado di indicare come variare i prezzi di vendita per riuscire ad assorbire il meglio possibile, ad esempio, le conseguenze della mancata importazione di determinate materie prime. Anche in questo caso la velocità conta: il vantaggio non sta solo nel definire il giusto prezzo in funzione delle condizioni del mercato ma anche nel poterlo definire prima di altri concorrenti.
Il dynamic pricing nel punto vendita
L’applicazione del prezzo “dinamico” all’interno dei punti vendita ha alcune criticità che non esistono nel retail digitale e che non sempre sono facili da superare. Una è banalmente organizzativa: nei punti vendita in cui i prezzi sono mostrati con le classiche etichette adesive non è pensabile variarli con una frequenza davvero da “real time”. C’è certamente lo spazio per il time-base pricing ma per così dire a largo raggio, come le promozioni sugli alimenti deperibili quando il loro “ciclo di vita” si sta accorciando sotto un certo limite. In questi casi si tratta di intervenire su relativamente pochi pezzi e il costo in tempo e risorse è contenuto.
In questo senso le soluzioni di cosiddetto ESL (Electronic Shelf Labeling, le etichette elettroniche) oggi stanno avendo un nuovo impulso (la tecnologia non può dirsi certo nuova) anche per la maggiore attenzione dei retailer al dynamic pricing.
Avendo i giusti sistemi informativi alle spalle, cambiare i prezzi con una certa frequenza diventa più semplice se questi non vanno variati a mano ma con un certo grado di automazione. A monte ovviamente devono esserci sistemi che sappiano definire i prezzi dinamicamente in base a regole ben definite, ma non è un problema molto diverso da quello che si è già affrontato nell’e-commerce online.
Un nodo semmai da considerare non è tecnico ma psicologico. L’attenzione ai prezzi in un negozio fisico è molto più elevata che online e la reazione a un aumento in tempo reale di un prezzo è ben diversa rispetto a una sua flessione. Anche se le teorie del dynamic pricing dicono il contrario, è quindi molto più sensato attivare dinamicamente il calo di un prezzo, ad esempio del pane che non si è venduto a metà giornata, e rimandare eventuali aumenti a un momento in cui i clienti non ci sono, ad esempio durante la notte.
L’alternativa che diversi retailer hanno esplorato è seguire un (anche solo probabile) picco della domanda non con l’aumento dei prezzi ma con un incremento delle promozioni. L’obiettivo è amplificare ulteriormente l’effetto di spinta dell’aumento della domanda compensando la piccola perdita economica delle promozioni.
È un sistema usato da alcuni nuovi attori del mondo food B2C come le imprese di food delivery alla Deliveroo o Foodora: quando stimano che la domanda di consegne a casa probabilmente aumenterà – magari perché è brutto tempo – la stimolano immediatamente con promozioni mirate. Nei punti vendita fisici l’attivazione della domanda in tempo reale è più complessa che nell’app economy, ma tra app mobili, beacon, carte fedeltà e digital signage i sistemi in fondo ci sono.