Definito il nome dell’architettura, che farà uso del middeware QuickSilver, di WebLogic e di Liquid Data.
Anche Bea Systems, dopo Sun e Ibm, si appresta a ufficializzare (tra un paio di settimane) il proprio strumento deputato all’abilitazione di architetture orientate ai servizi. Rispetto a quanto già anticipato, ora si sa che la piattaforma tecnologica alla base della strategia (perché qui di tecnologia si tratta) si chiama Free Flow.
Il nome scelto da Bea si spiega con il fatto che l’architettura mira proprio a consentire il passaggio libero delle informazioni attraverso differenti processi di business e attraverso applicazioni appartenenti ad ambienti eterogenei.
Sempre in linea con quanto anticipato, Free Flow si basa sull’enterprise service bus QuickSilver, in qualità di middleware che si occupa della trasformazione e del routing dei messaggi. La sicurezza e l’integrità dei dati sono ereditati, rispettivamente, da WebLogic Enterprise Securiry e da Liquid Data.
QuickSilver (atteso in estate) supporta una varietà di standard, tra i quali Web services, Corba, Java Message Service, Snmp (Simple Network Management Protocol) e Ftp. Un esempio concreto del suo funzionamento è quello dell’instradamento di un messaggio relativo a un ordine, a partire dal call center fino al sistema gestionale. Quanto a Liquid Data e a WebLogic, è previsto per entrambi un aggiornamento apposito, di cui beneficerà Free Flow.
Al di là del merito prettamente tecnologico, dietro al progetto si cela l’intenzione di Bea di ridare respiro alle proprie entrate, ferme da qualche tempo attorno al miliardo di dollari, cavalcando con prodotti di infrastruttura e servizi l’onda del momento.
Ma ci potrebbe essere anche di più. Secondo qualche osservatore, la nuova focalizzazione sui servizi di infrastruttura (cioè l’approccio di Bea a Soa) significherebbe un minore impegno del vendor sul fronte Java.