Negli ultimi mesi l’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown hanno portato le Pmi a puntare su ecommerce e delivery per garantire la continuità e la sopravvivenza dell’attività economica, in totale sicurezza: è quanto rivela una ricerca di GoDaddy
La ricerca di canali alternativi è avvenuta nonostante il basso livello di digitalizzazione delle micro imprese in Italia attive nei settori di commercio al dettaglio, ristorazione e studi professionali. Per queste micro imprese il primo passo per la digitalizzazione è rappresentato dall’apertura di un sito web: tuttavia, solo il 41% riesce ad utilizzare un sito “vetrina” in maniera funzionale e a renderlo rilevabile tramite i motori di ricerca. Di queste, solo il 27% riesce ad attrarre volumi di traffico rilevanti sul proprio sito web, registrando più di 500 visite al mese.
Tuttavia queste stesse aziende hanno mostrato capacità di reazione e una buona attività di sviluppo e creazione di servizi digitali per far fronte alla crisi dovuta all’emergenza sanitaria per rimanere in contatto con i propri clienti o conquistarne di nuovi: secondo GoDaddy durante il lockdown un quinto delle Pmi – con una presenza web rilevabile – ha attivato servizi di vendita online (tramite ecommerce e non solo) e/o servizi di delivery.
È quanto emerge da “Trasformazione digitale durante il lockdown: le micro imprese italiane”, un’analisi inedita condotta da GoDaddy su un campione di micro imprese – appartenenti ai settori di ristorazione, commercio al dettaglio e studi professionali – con un fatturato medio di 200000 euro l’anno, per analizzare i loro comportamenti online durante il lockdown. Con oltre 19 milioni di clienti, GoDaddy è il più grande provider al mondo di domini e supporta gli imprenditori di tutti i giorni, fornendo aiuto e strumenti necessari per avere successo online.
Per quanto riguarda gli strumenti di vendita online, solo il 29% delle micro imprese aveva già attivato ecommerce per vendere online prima del lockdown, ma il 18% del totale lo ha fatto durante il periodo di lockdown.
Le più reattive in questo ambito sono state le micro imprese della ristorazione: per promuovere prodotti e raccogliere gli ordini il 23% si è organizzata con WhatsApp, il 14% con un canale di ecommerce, il 9% tramite Social Media.
A livello geografico, le micro imprese più impegnate nella “corsa alla digitalizzazione” durante l’emergenza sono state quelle del Centro (21%), seguite dal Sud (16%) e infine dal Nord (11%). Tuttavia, sottolinea GoDaddy, le aziende di Centro e Nord del Paese presentavano già pre-Covid una maggiore presenza di servizi di vendita digitali, rispettivamente il 35% e 31%, rispetto al 21% del Sud.
Secondo GoDaddy, durante il periodo di emergenza circa una Pmi su 5 (19%) ha attivato servizi di delivery, tramite sito web o ordinazioni telefoniche. In particolare i ristoranti che hanno attivato servizi di delivery hanno scelto di effettuare le consegne con un corriere interno (80%) o di utilizzare un servizio di terze parti, come per esempio Glovo (20%). Emerge in maniera evidente come l’attivazione dei servizi di consegna a domicilio abbia aiutato i ristoranti a rimanere attivi anche durante il periodo di lockdown.
I servizi informativi digitali non sono stati valorizzati dalle micro imprese durante i mesi di emergenza: solo il 6% ha introdotto, per esempio, servizi di newsletter per rimanere in contatto con i propri clienti. I risultati dello studio mostrano che invece non si è rilevata un’attività in termini di apertura di nuovi canali di comunicazione digitali, con le imprese che hanno preferito fare affidamento su quanto già attivato in precedenza. Dall’analisi emerge infatti come l’80% delle micro imprese avesse già una pagina Facebook e il 45% un profilo Instagram nei mesi antecedenti l’emergenza sanitaria. In particolare le micro aziende che si occupano di ristorazione nello% dei casi era già su Facebook e nel 53% su Instagram.
Come sottolineato da Gianluca Stamerra, Regional Director di GoDaddy per Italia, Spagna e Francia, l’analisi condotta sulle micro imprese durante il periodo di emergenza sanitaria mostra che solo pochi casi virtuosi (10%) hanno attivato investimenti significativi durante il periodo di lockdown e incrementato il traffico verso il proprio sito. Allo stesso tempo, il fatto che il 63% delle piccole aziende con sito rilevabile riesca a generare meno di 500 visite mensili dimostra che esiste un enorme potenziale miglioramento: ossia adottare strumenti per migliorare la visibilità dei loro siti vetrina, al fine di essere trovati su Internet e supportare efficacemente il business. Chiosa Stamerra, Godaddy è pronta a supportare le PMI in questo processo di trasformazione digitale, fornendo una suite di servizi che consente di impostare un sito Web e dargli visibilità, fornendo allo stesso tempo strumenti di marketing.
Questo trend emerge in maniera ancora più evidente dalla seconda edizione del PMI Digital Index stilato da GoDaddy. Condotta con il supporto della Business Unit Consultancy & Performance di Alkemy, la ricerca fotografa il grado di maturità digitale delle PMI Italiane analizzando 120 parametri di 4.000 PMI in tre categorie principali: Digital Presence Quality (misura aspetti tecnici come la SEO); Reputation Index (misura la popolarità digitale dell’azienda); Digital Marketing Index (misura le azioni di visibilità digitale messe in piedi dall’azienda).
Secondo il PMI Digital Index 2020 l’indice di digitalizzazione delle PMI che hanno un sito web si attesta a 56/100, registrando un aumento di 2 punti rispetto all’anno precedente.
Il PMI Digital Index mostra come rispetto al 2019 la “qualità” delle digital properties delle PMI Italiane sia notevolmente migliorata: la “Digital Presence Quality” è cresciuta di 11 punti percentuali (dal 45% al 56%) grazie a una migliore struttura del sito e al posizionamento SEO: ad esempio, è stata rilevata una sitemap per il 57% delle PMI (+15% rispetto al 2019) ed è cresciuta anche la percentuale di PMI che hanno una versione mobile correttamente funzionante (dal 70% del 2019 al 74% del 2020).
GoDaddy ha registrato anche una crescita di 10 punti percentuali per il “Digital Marketing Index” (dal 33% al 43%): questo è dovuto ad un più ampio impiego di strumenti come Display Ads, utilizzati dal 10% delle PMI rispetto al 5% dello scorso anno, e di servizi di Web Analytics (dal 56% delle PMI nel 2019 al 62% nel 2020).
D’altra parte, il “Reputation Index” – che valuta i like alla pagina Facebook, la quantità di recensioni e in generale l’interazione organica sui social – peggiora dal 17% al 10%.
A livello geografico, le regioni più digitalizzate risultano essere Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Emilia-Romagna e Marche.