La Corte di giustizia dell’Unione europea ha confermato la maggior parte delle conclusioni della Commissione, ma annulla la decisione con cui quest’ultima ha inflitto a Google una multa di quasi 1,5 miliardi di euro, in quanto, tra l’altro, non ha preso in considerazione tutte le circostanze rilevanti nella valutazione della durata delle clausole contrattuali che la Commissione aveva ritenuto abusive.
Nell’ambito del procedimento riguardante la piattaforma pubblicitaria Google AdSense e il servizio di intermediazione pubblicitaria online AdSense for Search, e nello specifico alcune clausole dei Google Services Agreement di questi prodotti, nel marzo 2019 la Commissione europea aveva riscontrato che Google aveva commesso tre infrazioni distinte che avrebbero costituito, insieme, un’infrazione unica e continuata, dal gennaio 2006 al settembre 2016. Con questo presupposto, la Commissione aveva imposto a Google un’ammenda di 1.494.459.000 euro, di cui 130.135.475 euro in solido con la società madre Alphabet.
Ora, tuttavia, con la sentenza di oggi, la Corte di giustizia dell’Unione europea, pur avendo accolto la maggior parte delle conclusioni della Commissione, ha concluso che quest’ultima ha commesso errori nella valutazione della durata delle clausole in questione, nonché del mercato da esse coperto nel 2016. Di conseguenza, secondo la Corte di giustizia Ue la Commissione non ha dimostrato che le tre clausole da essa individuate costituissero ciascuna un abuso di posizione dominante e costituissero, nel loro insieme, una violazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE. Per questo motivo la Corte di giustizia dell’Unione europea ha annunciato di aver annullato integralmente la decisione della Commissione.
In particolare, la Corte di giustizia ritiene che la Commissione non abbia dimostrato che le clausole in questione fossero in grado di dissuadere gli editori dal rifornirsi presso gli intermediari concorrenti di Google o che fossero in grado di impedire a tali concorrenti di accedere a una parte significativa del mercato dell’intermediazione pubblicitaria online nello Spazio economico europeo (SEE).
Secondo la Corte di giustizia, la Commissione non ha preso in considerazione tutte le circostanze rilevanti del caso nell’ambito della valutazione della durata per la quale gli editori sono stati soggetti a tali clausole. Molte delle GSA a cui tali editori erano stati soggetti avevano, singolarmente, una durata di pochi anni, anche se erano state successivamente rinnovate o prorogate, talvolta più volte.
La Corte di giustizia dell’Ue ha rimproverato alla Commissione di essersi limitata, nella sua decisione, a prendere in considerazione la durata cumulativa delle GSA a cui tali editori erano stati soggetti, senza verificare se gli editori avessero avuto la possibilità di rivolgersi a intermediari concorrenti di Google, durante la negoziazione di eventuali rinnovi o proroghe di tali GSA o, a seconda dei casi, se gli editori avessero goduto di un diritto di recesso unilaterale da tali GSA.
Inoltre, dopo aver confermato la maggior parte delle constatazioni della Commissione sulla parte del mercato coperta da tali clausole, la Corte di giustizia dell’Ue ha concluso che la Commissione non ha dimostrato che tali clausole avrebbero potuto produrre un effetto di preclusione.
Considerato tutto ciò, la Corte di giustizia dell’Ue ritiene che la Commissione non abbia nemmeno dimostrato che le clausole in questione abbiano, in primo luogo, eventualmente scoraggiato l’innovazione, in secondo luogo, aiutato la Google a mantenere e rafforzare la sua posizione dominante sui mercati nazionali della pubblicità nella ricerca online e, infine, che abbiano eventualmente danneggiato i consumatori.
Il testo integrale e, se disponibile, l’estratto della sentenza sono pubblicati sul sito web della Corte di giustizia dell’Unione europea.