Dopo le controversie di ieri, la marcia indietro. L’articolo 11 dell’Eula viene rivisitato.
Qualcuno lo chiama marcia indietro, qualcuno chiarimento. Qualcuno, molto più semplicemente, scuse.
Il fatto è che dopo il vespaio suscitato dalla lettura più attenta dell’Eula (End User License Agreement) di Chrome e dall’analisi di una serie di clausole contenute nel contratto, qualcosa si è mosso anche in casa Google.
Ci ha pensato Matt Cutts, del team di sviluppo, che si è affrettato a richiedere spiegazioni per poi rigirarle alla rete.
Non era certo intenzione di Google mettere le mani o avanzare diritti su ciò che la gente fa durante la navigazione, è stata la prima battuta, alla quale ha fatto seguito una giustificazione più circostanziata, dopo aver interpellato Rebecca Ward, Senior Product Counsel per Google Chrome.
Nella sostanza, Google tende a utilizzare le stesse formule contrattuali (gli Universal Terms of Service) per molti dei suoi prodotti. Alcune formule, tuttavia, così universali evidentemente non sono e finiscono per stridere con le specificità di alcuni prodotti. E questo è quanto è accaduto con Chrome.
Di suo, Matt aggiunge due note. In una sostanzialmente dice che l’Eula è stato modificato all’articolo 11, che ora, in inglese, suona testualmente così: “11.1 You retain copyright and any other right you already hold in content which you submit, post or display on or through the services“, cosa che di fatto ridà all’utente la titolarità dei contenuti per i quali gli spetta.
Nell’altra, invece, dichiara chiaramente: “è stato un errore da parte di Google includere clausole che non dovevano comparire“. Ringrazia chi ha evidenziato l’errore consentendo alla società di sanarlo e, soprattutto, conclude con “I apologize for that“. Vale a dire “Scusa“.