Era la terza risposta che mancava, dopo quelle già inviate su Shopping e AdSense: Google ha risposto ieri alla Commissione Europea rispetto all’ipotesi di abuso di posizione dominante su Android e lo ha fatto anche il suo general counselor Kent Walker con un post sul blog ufficiale della società, mentre su YouTube la società ha postato un video con il quale spiega cosa rappresenta il suo sistema operativo per i produttori di dispositivi e gli sviluppatori europei.
“Quando abbiamo lanciato Android nel 2007- si legge nella lunga dissertazione -, gli smartphone erano ancora una rarità costosa. Noi volevamo cambiare lo stato di cose, con un sistema libero e open source, stimolando l’innovazoine e garantendo maggiore scelta al consumatore. E ci siamo riusciti. Il risultato è che oggi gli smartphone sono disponibili a prezzi davvero bassi, a partire da 45 euro: oggi sul mercato ci sono oltre 24.000 dispositivi differenti sviluppati da oltre 1.300 brand e gli sviluppatori europei possono distribuire le loro applicazioni a oltre un miliardo di persone in tutto il mondo. Per questo Android non è una strada a senso unico ma una autostrada a più corsie“.
In sintesi estrema, la risposta di Google è che Android non ha penalizzato la concorrenza, semmai la ha estesa.
Quattro punti sotto esame nella difesa di Android
La spiegazione viene così circostanziata.
- In primo luogo la Commissione Europea non ritiene che Android sia in competizione con Apple. E il fatto che lo sia è un dato riconosciuto dalla stessa Apple, dai produttori di smartphone, dagli sviluppatori e dagli utenti. Non comprendere questo punto vuol dire non comprendere lo scenario competitivo attuale.
- Il secondo punto è che, contestando la “chiusura” del sistema operativo Android, secondo Google, la Commissione sottovaluta il pericolo della frammentazione nell’ecosistema mobile.
Gli sviluppatori dipendono da un framework consistente per il loro lavoro. In passato è stata proprio la frammentazione a mettere in difficoltà Unix e Symbian: “per questo noi lavoriamo a stretto contatto con i produttori di dispositivi mobili per stabilire un livello minimo di compatibilità tra dispositivi Android”. E questo va a favore degli sviluppatori.
Sono regole che minimizzano la frammentazione e sostengono l’ecosistema degli sviluppatori, che questa stessa frammentazione temono. - La terza obiezione da parte della Commissione è che Google obblighi i produttori a precaricare alcune delle Google App sui loro dispositivi come parte di una suite. E qui la risposta è che non vi è obbligo alcuno per i produttori. Google, semmai offre una suite di app che consentono all’utente che acquista un dispositivo di accedere immediatamente ad alcuni servizi base. Esattamente come fanno anche Apple o Microsoft con i loro dispositivi.
Per altro, secondo quanto si legge nel post, in media le App Android rappresentano meno di un terzo delle App installate sui dispositivi degli utenti, quindi Google non vede pregiudiziali su questo punto specifico. - Infine, distribuire prodotti come Google Search con Google Play, permette alla società di offrire l’intera suite a titolo gratuito, senza caricare costi successivi. La società la considera una soluzione efficiente per tutti, dal momento che diminuisce i prezzi per i produttori e per i consumatori, mantenendo nel contempo sostenibile l’investimento su Android e Play.
Ora bisognerà attendere la reazione della Commissione.
Sicuramente questo è l’aspetto più critico di tutta la vicenda: Android ha rappresentato per Google 31 miliardi di dollari in revenue e 22 in profitti dal 2008 ad oggi e oggi in Europa ha una quota di mercato nell’ordine del 90 per cento.