Cresce la fronda di oppositori al progetto di merge, ma il gruppo dirigente non vuole tirarsi indietro e incassa il sostegno di Alliance Capital.
Quanto dovremo attendere ancora per vedere concretizzato il “matrimonio del secolo” fra Hewlett-Packard e Compaq? Negli ultimi tempi, sono cresciute le contestazioni e i dubbi sull’accordo. Se gli analisti si sono mostrati critici fin dall’inizio, più grave appare l’atteggiamento di alcuni azionisti, a cominciare dai membri delle famiglie fondatrici di Hp, che ha generato un non trascurabile partito di oppositori. Da qui sono partite anche accuse pesanti di bugie, di truffe e di mancato rispetto della “cultura Hp” in direzione dell’attuale management della società. La risposta ha puntato il dito verso Walter Hewlett, ereditiere dissidente, accusato di volersi pronunciare contro una fusione da lui stesso votata qualche mese prima, come membro del consiglio d’amministrazione.
A favore della fusione è arrivato da poco il supporto di Alliance Capital, il più importante investitore istituzionale della società, con una quota dell’1% delle azioni totali. Questo pronunciamento ha rafforzato l’intenzione del management a procedere nel processo di fusione. Attualmente, è in corso una campagna di entrambe le parti per sedurre gli azionisti prima del voto finale, atteso in primavera, una volta ottenuto l’assenso delle autorità antitrust. Hewlett ha portato dalla propria parte la famiglia Packard e si stima che almeno un 18% dei voti siano già ufficialmente su questo fronte. Il management di Hp ha risposto con un piano destinato a coinvolgere direttamente l’organico della nuova società che si dovrebbe andare a formare. Diecimila impiegati-chiave di Hp e Compaq riceveranno un bonus se la fusione avrà luogo, anche se, sul piatto dell’operazione, vanno messi anche i 15mila licenziamenti previsti dall’inizio. Certo, che il merge vada in porto o meno, la guerra interna non potrà non lasciare cicatrici di difficile guarigione.