Le Next generation network presto diventeranno indispensabili per sostenere la mole di utenti e di traffico. Il punto fondamentale è la rete di accesso.
Appare ancora assai complesso e confuso lo scenario generale in cui anche l’Italia si sta muovendo per far evolvere le tradizionali infrastrutture di telecomunicazioni verso una nuova generazione di reti, che con un termine molto ampio vengono definite Next generation network (Ngn).
E mentre in convegni e conferenze si discute di come abbattere il “digital divide” che spacca in due il paese, di scarsa diffusione della banda larga, di scorporo o meno dell’infrastruttura di Telecom Italia, di “rete unica” e di chi (Stato, operatori di Tlc) dovrà mettere mano a quali investimenti, una cosa è certa: queste Ngn, se non subito, presto diverranno indispensabili per sostenere la mole di utenti e di traffico che, come indica l’ultimo rapporto dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), si sta espandendo a forte ritmo, grazie all’utilizzo sempre più intenso di varie applicazioni del Web 2.0 (social networking, blog, upload e fruizione di video online, alta definizione, e via dicendo).
Le caratteristiche delle Ngn
Le Ngn, reti intelligenti che aderiscono al paradigma di Internet, sono a commutazione di pacchetto e basate sul protocollo Ip.
Hanno il livello di servizio (service layer) che consente lo sviluppo e la creazione di servizi in modo indipendente dal livello di trasporto (transport layer) sottostante; sono dotate di meccanismi di prioritizzazione del traffico per regolare la qualità del servizio (QoS) e sono in grado di trasportare qualsiasi contenuto (voce, dati, video) a elevatissima velocità e qualità (50-100 Mb/s – megabit per secondo).
Schematizzando e semplificando, le Ngn sono costituite da diversi “pezzi” di rete, che in sostanza comprendono, secondo una topologia gerarchica che va dal core verso l’edge (periferia della rete):
- le dorsali di trasporto (backbone),
- gli anelli metropolitani,
- i tratti di raccordo (backhauling) fra il backbone, le varie sottoreti e i punti della rete di accesso,
- la rete d’accesso stessa, quella che dalla centrale detta Stadio di linea urbano (Slu) arriva fino alla sede dell’utente.
Lo snodo fondamentale: la rete di accesso
Ed è proprio su questo tratto finale, in gran parte ancora coperto dal doppino in rame, che sono richiesti i più ingenti investimenti, essenzialmente a causa della necessità di eseguire notevoli opere pubbliche (scavi coordinati per lo sfruttamento dei cavidotti esistenti, lavori di cablaggio) per la posa della fibra.
Sulla rete d’accesso, il termine Ngn si declina più specificamente in Ngan (Next generation access network). «Quest’ultimo – spiega Maurizio Dècina, professore ordinario di Telecomunicazioni al Politecnico di Milano, facoltà d’Ingegneria, presso il dipartimento di Elettronica e Informazione – identifica architetture a banda ultra larga, maggiore di 30 megabit al secondo, e di diverse tipologie: Fttc, Fttb e Ftth».
Acronimi che significano rispettivamente “Fiber to the cabinet”, “Fiber to the building” e “Fiber to the home”.
«Tutte sono basate sull’uso di fibra ottica nella rete di distribuzione telefonica, dalla centrale stadio di linea alla casa dell’utente». Va anche precisato che in futuro le reti di accesso ottiche potrebbero non ricalcare esattamente la struttura della tradizionale rete in rame in quanto, grazie alla capacità della fibra di superare i limiti fisici del doppino in fatto di attenuazione del segnale, molte Slu (circa 10.500 in Italia) potranno essere “saltate”, riducendo il numero di centrali.
«Oggi – aggiunge Dècina – sono promettenti le architetture Ftth, con servizi fino a 100 Mb/s. L’offerta dedicata ai consumatori è indirizzata a fornire la Iptv, anche ad alta definzione, mentre per le imprese abilita il cloud computing». In questo caso i servizi It diventano fruibili via rete tramite collegamenti a banda ultra larga.
Il doppino non basta più
Quando si parla di reti di accesso di nuova generazione, la questione fondamentale è poter fornire una banda molto elevata e soprattutto garantita per l’utente: lo spiega Francesco Matera, responsabile area Tecnologie per le reti di nuova generazione all’interno della Fondazione Ugo Bordoni (Fub).
«Queste reti richiedono necessariamente interventi per il dispiegamento di fibra ottica, perché il classico doppino in rame non è più sufficiente a sostenere il continuo aumento della capacità di trasporto dati».
In effetti, la famiglia di tecnologie xDsl (Digital subscriber line) sta mostrando i propri limiti: lo standard Adsl2+ permette in downstream di andare non oltre i 20 Mb/s di banda, mentre con tecnologie come Vdsl (Very high speed Dsl) o Vdsl2 si possono raggiungere 50-100 Mb/s e oltre, ma con forti limitazioni riguardo alla distanza da coprire (ultimo miglio). Inoltre le interferenze all’interno dei doppini contenuti nei cavi possono ridurre drasticamente queste capacità.
Tecnologie wireless
E i sistemi senza fili? «Usare la fibra è indispensabile anche per i sistemi radio, per portare una sufficiente capacità alle base station a cui si connettono i terminali mobili: cellulari, smartphone o quant’altro. Specialmente quelli di nuova generazione, che consentiranno in mobilità di avere accessi con bande, in linea di principio, di decine di Mb/s, anche se per questi sistemi occorre tenere in conto il problema della condivisione della banda» precisa Matera. «La mobilità è un aspetto fondamentale delle Ngn, ma va opportunamente coniugata con la rete fissa. Occorre, poi, precisare che un sistema radio non può trasportare bande comparabili con quelle delle fibre ottiche, anche se presenta costi di installazione inferiori. È evidente che pensando a una rete fissa che garantisca 20 Mb/s per utenza, ad esempio il WiMax, è una soluzione interessante per le zone rurali quando devono essere connessi un numero molto limitato di utenti».
Dunque il primo passo da fare è la modifica della rete d’accesso. Anche se, sottolinea Matera, questo non è un processo che riguarda necessariamente soltanto tale tratto, ma interesserà anche la rete dorsale, per ottenere un’elaborazione dei segnali e un trasporto dell’informazione sempre migliori.
Il ricercatore della Fub aggiunge che il problema prioritario, a monte delle reti Ngan, resta comunque portare la fibra alle centrali di rete non ancora connesse con questo mezzo alla dorsale, soprattutto in quelle aree del territorio italiano, come quelle montane, ancora penalizzate dal digital divide.
E raccomanda come anche in questo caso la soluzione wireless debba essere vista come ultima alternativa: dovendo, infatti, puntare su investimenti a prova di futuro, nel nostro paese sarebbe meglio evitare progetti essenzialmente tattici e finalizzati a risolvere esigenze di banda contingenti.
Attualmente, per le reti Ngn, la Fondazione Ugo Bordoni lavora su due fronti. Da una parte, attraverso le proprie conoscenze, sta fornendo supporto al ministero dello Sviluppo Economico riguardo alle scelte da fare. «Dall’altra facciamo sperimentazione sulle nuove tecnologie, attraverso la rete che abbiamo qui al Ministero, di proprietà dell’Iscti, costituita da apparati e dispositivi ottici di nuova generazione. In particolare, il tema principale della nostra ricerca è come garantire la qualità del servizio all’utenza finale. Studiamo, quindi, sia i protocolli, sia i dispositivi che permettono di far arrivare all’utente una buona capacità di banda, mantenendo prestazioni soddisfacenti anche in presenza di congestioni, riduzioni, interruzioni o altri problemi sulla rete».
La Fub fa poi anche sperimentazione sui servizi di nuova generazione. Tipicamente studia la tv ad alta definizione applicata su protocollo Ip, e la trasmissione su quest’ultimo di flussi che richiedono bande elevatissime, come appunto le immagini ad altissima risoluzione e i flussi tv.