Idc dice che il mercato dei big data cresce a un ritmo del 40% annuo. Il motivo è palese, ma c’è un problema complessivo di controllo di velocità. Per Ibm c’è un metodo, che vale per tutti, Pmi comprese. Lo spiega Giovanni Calvio.
Rilasciando il proprio primo studio mondiale sul mercato delle tecnologie e dei servizi per i big data Idc ha dato un paio di cifre che fanno molto pensare.
Il tasso composito annuo è del 40%, un ritmo mostruoso, se pensiamo alla dinamica del mercato It attuale che farà passare questo mercato dai 3,2 miliardi di dollari del 2010 ai quasi 17 miliardi del 2015 (16,9 per la precisione).
Paragonato al settore Ict complessivo, insomma, quello dei big data corre sette volte più veloce.
A comporre quel 40% di crescita annuale concorrono i server, con il 27,3%, il software, con il 34,2% e, soprattutto, lo storage con un 61,4%.
Competenze e tecnologie da coniugare
Al momento, rileva Idc, c’è una carenza di risorse umane qualificate nella gestione di tecnologie per i big data.
Mancano esperti in processi analitici.
I rischi, allora, sono quelli di frenare, intimoriti dalla velocità, i lavori di sviluppo interno di progetti.
Rischio che per Idc sarà controbilanciato dalla nascita di servizi cloud.
Secondo l’analista, quindi, per gli utenti esistono oggi molte opportunità di utilizzare le tecnologie big data per aumentare l’efficienza operativa e guidare l’innovazione.
Ma anche per i fornitori di tecnologia sono chiamati a partecipare al “nuovo governo”.
Tutti chiamati a efficientare, anche le Pmi
Interessante è la modalità che propone Ibm, proprio per la componente maggiormente coinvolta nella crescita del mercato, lo storage.
Come spiega in questa videointervista il Manager of storage platform italiano, Giovanni Calvio, il tema centrale è efficientare. Il modo c’è.
Si compone di quattro tasselli: compressione, virtualizzazione, tiering, gestione del ciclo di vita delle informazioni. Gli strumenti sono già a disposizione di tutti i decisori di spesa It. Anche quelli delle Pmi.
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