Le visioni di JBoss e di Bea si aggiungono a quella di Sun. La popolarizzazione del framework ha più strade davanti.
29 luglio 2004
Esistono più visioni dello scenario Java Enterprise.
Quella dominante, perchè facente parte delle azioni del suo creatore, Sun, vede la piattaforma in una fase di sostanziale, se non di maturità, quantomeno di adolescenza avanzata. E il fatto che venga proposta una piattaforma integrata a livello logico, ma anche ottimizzata per server, come Jes, testimonia che buona parte del lavoro di integrazione può considerarsi già fatto.
Ma c’è chi la pensa diversamente, come JBoss, nella persona del suo ceo, Marc Fleury.
In un’intervista rilasciata alla stampa anglosassone, infatti, il capo di JBoss ha fatto capire di considerare il middleware basato su J2Ee più in uno stato infantile che altro, con ciò alludendo che il modello deve ancora crescere e che c’è molto e promettente lavoro da fare attorno. Insomma, per Fleury non è lecito parlare di consolidamento attorno a J2Ee e che invece bisogna affrontare il tema della contribuzione aperta.
Come quella del Jcp (Java Community Process), di cui JBoss fa parte e che sta lavorando alla nuova versione degli Ejb (Enterprise Java Beans), parte fondamentale della piattaforma J2Ee, nel senso della facilità e della velocità di programmazione.
Il senso del lavoro, comunitario, di JBoss, insomma, è quello di aprire ulteriormente il campo di influenze attorno a J2Ee, altro che consolidare.
JBoss supporta il concetto dell’Aspect Oriented Programming (Aop), una metodologia di sviluppo che comporta che cambiamenti fatti in una parte dell’applicazione possano insinuarsi nel resto del programma utilizzando una serie di sotto applicazioni specifiche. Azioni del genere, nelle idee del creatore, consentirebbero di inserire in un costrutto J2Ee condizioni di asincronicità. Il tutto con l’idea di rendere semplice la costruzione di un framework in una direzione parallela a quella proposta da altre metodologie che si propongono lo stesso scopo, come Java Studio Creator di Sun o WebLogi Workshop di Bea.
E proprio Bea sembra innescare un ulteriore filone parallelo dello sviluppo comunitario di un framework che faccia di Java Enterprise un fattore aperto, ora che Beehive, il progetto opensource presentato a maggio, è entrato nel vivo.
L’idea che ha mosso Bea è quella di rendere appetibile e facile a più sviluppatori la costruzione di architetture Soa (Service oriented). Questo il motivo che l’ha spinta a mettere WebLogic Workshop sotto Apache, quindi a disposizione di un contesto opensource.
Beehive è entrato nel vivo, con una settantina di realtà che ci hanno messo le mani e hanno apportato del proprio al framework, aggiungendo controlli ed estensioni alla piattaforma Bea.
Ma non solo: l’Apache Foundation ha finalmente dato il via libera, dopo una decina di mesi, al progetto Apache XmlBeans, un’idea proposta da Bea per semplificare lo sviluppo contestuale Xml-Java.
Beehive può essere scaricato da Apache e fatto girare su un application server opensource Tomcat.