I Cio e la qualità dei servizi It

Un’indagine nazionale commissionata da Ca ha evidenziato le problematiche che ancora penalizzano l’attività dell’area informatica.

Conoscere le esigenze del mercato per indirizzare meglio la propria offerta di servizi It, è il concetto che sta alla base di una serie di indagini che Ca ha fatto condurre di recente in tre paesi dell’Europa (Regno Unito, Germania e Francia) da Vanson Bourne e in Italia da Roberto Bonino di Ediformat.

La prima società di analisi ha realizzato uno studio su 300 responsabili It appartenenti ad aziende con oltre 1.000 dipendenti, mentre nel nostro paese il sondaggio è stato più qualitativo e si è limitato a 19 interviste personali a Cio (Chief information officer) la cui struttura It va da 20 a 70 addetti, appartenenti ad aziende medio-grandi (tra le 1.000 e le 2.500 unità) appartenenti ai vari settori di mercato.

Il tema di fondo era quello di sondare come è percepito dai Cio il rapporto tra It e business e qual è il livello di chiarezza e collaborazione che intercorre tra i responsabili delle diverse aree coinvolte.

Dalle prime risposte del panel italiano (peraltro abbastanza in linea con i colleghi europei) emerge che si sentono in una specie di limbo, in quanto pur non essendo più considerati solo come figure dedite alla tecnologia, di fatto in pochi casi partecipano alle strategie aziendali e questo succede di solito quando il Ceo è giovane e quindi tende a coinvolgere anche il Cio nel proprio obiettivo di rinnovamento.

Nella maggior parte, dunque, gli intervistati hanno presentato una serie di lamentele: dal business spesso arrivano richieste poco chiare, mal strutturate e troppo generiche, di solito legate a esigenze contingenti, dovute anche al fatto che il top management conosce poco le attività dell’It. Inoltre, capita che le pianificazioni in atto spesso vengano disattese perché l’azienda cambia i programmi in corso d’opera, senza che l’It venga informata.

Sul tema tante volte dibattuto “se l’It genera valore”, i Cio sono chiaramente convinti di ciò, ma poi approfondendo la questione, si scopre che si riferiscono più che altro a una valutazione tattico-operativa, in quanto affermano che se si ferma l’It si ferma l’azienda, per cui la sua funzione è più percepita nei casi di inefficienza che di efficienza.

Attualmente mancano sistemi che all’interno dell’impresa consentano di misurare il valore della funzione It, che anzi in molti casi viene ancora percepita come un centro di costo. Tuttavia qualche cosa si sta muovendo, dal momento che si utilizzano Kpi (Key performance indicator) per misurare l’efficienza dei servizi It e in prospettiva gli Sla (Service level agreement).

C’è, comunque, la consapevolezza che la tecnologia debba essere allineata al business, per cui sono allo studio delle iniziative legate alle Soa (Service oriented architecture) e allo sviluppo di best practice Itil.

Tra le aree di miglioramento citate dal panel, sulle quale investire, al primo posto troviamo la business continuity, quindi la qualità del servizio erogato e anche il time to market con cui l’It risponde alle richieste interne. Riguardo, invece, ai motivi che spesso limitano questi propositi, troviamo i frequenti cambiamenti di richieste che arrivano dal business e i tempi di esecuzione troppo stretti, perché alla base non c’è chiarezza su quali sono le esigenze delle parti in causa. Inoltre molte volte l’It non ha le risorse adeguate per rispondere con efficienza.

Ed è proprio l’obiettivo di raggiungere una maggior efficienza operativa, uno degli impegni più sentiti dai Cio in un’ottica di miglioramento della propria funzione, per ottenere anche un maggior riconoscimento da parte del top management e contribuire alla riduzione dei costi aziendali. In quest’ottica rientra anche un maggior commitment verso l’utente finale (sia consumatore che cittadino), la cui soddisfazione rientra nelle priorità sia dei Ceo che dei Cio.

Dati questi spunti di riflessione, Fabio Raho, consulting manager di Ca, ha osservato che per ogni problema sollevato dai Cio, si può rispondere in modo adeguato, iniziando con il trasformare la tecnologia in servizi It e allineare quest’ultimi ai processi di business. Che cosa si può dunque fare? Un punto di partenza è quello di iniziare adottando modelli e best practice, come per esempio l’Itil; implementare tecnologie a supporto dell’automazione di processi interdivisionali e utilizzare strumenti di pianificazione e controllo che permettano di avere una maggior visione delle attività esterne rispetto all’operatività quotidiana.

E per arrivare al miglioramento dei servizi per il business bisogna agire sull’It governance, sul service management e sulla gestione dei processi integrati, temi tutti che sono il focus di Ca.

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