In merito all’innovazione, la regione ha voluto impostare la ricerca come sostegno ad aree scientifiche e tecnologiche con diversità di applicazioni (Ict, biotecnologie e nuovi materiali)
Il quadro delineatosi con la precedente puntata dell’inchiesta sulla situazione dei distretti tecnologici italiani (si veda Linea Edp n° 17), durante la quale abbiamo presentato le realtà di Torino Wireless e di Veneto Nanotech, con i commenti di Cefriel, Tecnalia e Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), pur evidenziando qualche difficoltà nel rapporto e nella comunicazione tra ricerca e impresa, nel complesso si può dire che fosse positivo e soddisfacente sotto molti punti di vista.
Questo ulteriore approfondimento, invece, che ci ha portato ad analizzare la situazione in Lombardia e a intervistare Adriano De Maio, (che per anni è stato docente e rettore del Politecnico di Milano, nonché uno dei fondatori del Mip) oggi in veste di delegato del Presidente della Regione Lombardia per l’Alta formazione, la ricerca e l’innovazione, e Gabriella Cattaneo, director, Expertise Center Competitiveness & Innovation Policies & Strategies di Idc Italia, ha fatto emergere alcune critiche sia sul concetto stesso di distretto, sia sulla metodologia adottata dal Miur. In particolare, per ciò che concerne l’implementazione dei progetti, l’attribuzione e distribuzione dei fondi e, soprattutto, l’assenza di un sistema di valutazione e misura degli obiettivi raggiunti.
Una regione tra le prime in Europa
Secondo De Maio, un distretto tecnologico non può che nascere dal basso. Ritiene, infatti, che a livello mondiale la maggior parte dei distretti che sta lavorando con profitto sia nata proprio con questo approccio bottom-up, e soprattutto che l’idea di poter imporre la nascita di tali realtà dall’alto sia una peculiarità del tutto italiana, che non ha corrispondenze all’estero. Uno dei maggiori vantaggi della Lombardia, ed è anche il motivo per cui la regione occupa il primo posto in Italia e compare tra le prime in Europa nella maggior parte degli scoreboard, secondo De Maio sta nel fatto di non aver mai avuto una cultura tecnologica dominante, ma di spaziare invece a 360°. In questa maniera la crisi di un settore è spesso stata assorbita da un altro, un mancato sviluppo di una tecnologia o di un’area scientifica veniva superato attraverso i progressi in altri campi, oltre al fatto, ovviamente, che con queste fondamenta, la costruzione di reti e collegamenti è risultata altamente semplificata.
Per queste ragioni, la Lombardia ha deciso di impostare una politica di ricerca in cui al sostegno ad aree scientifiche e tecnologiche con diversità di applicazione (Ict, biotecnologie e nuovi materiali), viene incrociata una forte attenzione alla ricerca applicata mirata alla risoluzione di problematiche stringenti come salute, energia e ambiente. «Quello della risoluzione dei problemi – ha detto De Maio – è un punto fondamentale e che deve stare a cuore a chi opera in termini di governo sul territorio». Non si discute, quindi, sul fatto che i governi debbano investire sulla ricerca a lungo termine, lasciando ampio spazio e libertà a scienziati e ricercatori, ma è altrettanto importante che venga posta la dovuta attenzione alle risoluzioni di problematiche come ad esempio mobilità, trasporti, valorizzazione del patrimonio culturale, energia e via dicendo, che potrebbero migliorare la qualità della vita dei cittadini. L’azione della Lombardia in merito all’innovazione tecnologica si muove, quindi, su questi due binari trasversali: da un lato sostiene i centri di ricerca e le speculazioni di ampio respiro in campi estremamente interessanti, legati all’Ict nel senso più ampio del termine, alle biotecnologie e ai nuovi materiali, dall’altro viceversa pone attenzione anche a indagini di ordine applicativo, che possano portare benefici nell’immediato.
Altro aspetto, riguardo al quale la regione Lombardia mostra particolare interesse, è quello legato ad alcuni particolari settori d’industria presenti sul territorio e considerati di potenziale e forte sviluppo, come ad esempio l’aeronautica o la siderurgia. «Sotto questo aspetto – ha spiegato De Maio – un progetto molto interessante al quale stiamo lavorando a livello europeo, e del quale Lombardia e Baden-Württemberg sono attualmente capofila, è quello del cosiddetto Manufuture».
Il progetto, basato sul concetto di produzione del futuro, mira a rilanciare un nuovo manufatturiero non più basato esclusivamente sulla riduzione dei costi lavorativi, sulla quale oramai l’Occidente ha perso sia la battaglia che la guerra, ma che sia capace di soddisfare la domanda sempre più esigente e personalizzata di beni, utilizzando i risultati della ricerca per produrre conoscenze e innovazione industriale, e rendendo sinergiche le attività di imprese, università e istituti di ricerca in modo da integrare la domanda di nuovi prodotti e servizi con le tecnologie, in modo da supportare l’innovatività, la competitività e la sostenibilità delle nostre produzioni.
Per fare un esempio dei risultati ottenuti dalla politica scelta dalla regione Lombardia, De Maio ha citato Wbs, società operante nel campo delle soluzioni tecnologiche legate alla videosorveglianza e alla connettività dati wireless (nata all’interno dell’Acceleratore di Impresa del Politecnico di Milano) e Dialectica, start up biotecnologia dell’Università di Milano (che si occupa invece di produzione di modelli cellulari neuronali per lo sviluppo di nuovi farmaci legati al trattamento delle patologie neurodegenerative). Quest’ultima è stata finanziata da: Fondo Nex di Finlombarda, Fondamenta (il primo fondo di private equity creato in Italia), Quantica Sgr (società di venture capital partecipata da manager privati) oltre a Cnr e circa quaranta università italiane.
«In alcuni casi – ha detto il delegato della Regione Lombardia – abbiamo scelto di dare sostegno, in altri, invece, ci siamo accorti che le competenze esistevano già, ed era semplicemente necessario fare da punto di aggregazione, stimolando i vari attori a mettersi assieme attorno a un tavolo, e operando quindi affinché si creasse una rete».