Come la gestione dei carichi di lavoro aziendali esistenti e futuri beneficia a fondo di un sistema integrato. Lo spiega Giovanni Calvio, in logica business.
Dal punto di vista It un’azienda è fatta di workload, ossia dal modo in cui l’infrastruttura informatica intercetta le esigenze di business e le traduce in fatti concreti, come la gestione dei dati, al momento giusto e per l’interlocutore aziendale corretto.
Ibm lo va dicendo oramai da tempo, ma non è mai il caso di lasciar correre e dare troppe cose per scontate, specie se ci si relaziona con le innovazioni tecnologiche.
Quella recente dei PureSystems, sistemi integrati giunti alla seconda declinazione con l’introduzione del PureData e con l’affermazione dei PureFlex e Pure Application, riporta sul piatto proprio il tema del workload, attualizzandolo e declinandolo in modo deciso.
Difatti Giovanni Calvio, Manager of PureSystems italiano, ne sottolinea il patrimonio di integrazione tecnologica, che spazia dallo chassis ingegnerizzato all’architettura processore motrice, dalla coesistenza di più sistemi operativi alla molteplice virtualizzazione, dagli elementi di storage (Storwize e San Volume Controller) fino al networking.
Tutti elementi che, per Calvio, non solo abilitano i sistemi integrati alla gestione del cloud (quasi scontata, visti i tempi) ma che introducono la possibilità di gestire intimamente al sistema le pratiche di business.
Ciò avviene con i pattern, che astraggono l’infrastruttura in pura logica business e che rendono possibile financo la prevedibilità degli stessi workload.
Come sintesi, si eliminano dal tavolo gli alibi: i workload sono disegnabili, gestibili, prevedibili, attuabili.
Una sfida per l’It aziendale. E anche per Ibm, cosa che spinge Calvio a dire: «con questi sistemi cambiamo il mercato».
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