Una trimestrale non in linea con le attese e le contromisure: riduzioni di organico e possibile cessione di business non più strategici. Come avvenne, a suo tempo, con i pc.
La storia si ripete.
Risultati inferiori alle attese. Ipotesi di vendita. Alla stessa azienda, per di più.
Per Ibm, stando a quanto riportano le cronache statunitensi, sembra di nuovo il 2005.
La società ha chiuso il primo trimestre del nuovo esercizio fiscale mancando le attese degli analisti: gli utili si sono attestati infatti a 3 dollari ad azione, invece dei 3.05 dollari previsti da Wall Street, anche a causa di un sensibile rallentamento sul fronte dei server di fascia bassa.
Ed è proprio il business degli X86 oggetto di colloqui per valutare ipotesi di vendita, non a caso ancora a Lenovo, che già nel 2004 rilevò un business dei pc non più strategico per Big Blue.
Ibm è già pronta a correre ai ripari e annuncia un piano di riduzione dell’organico e di ristrutturazione da 1 miliardo di dollari, da avviare già nei prossimi mesi.
Ma è chiaro che è l’ipotesi di cessione degli X86 quella su cui si concentrano le ipotesi e l’attenzione, anche se, come è comprensibile, pur essendo le trattative probabilmente già in fase molto avanzata, il riserbo è massimo da parte sia di Ibm sia di Lenovo.
Ginni Rometty, tuttavia, ha parlato chiaro: i risultati non soddisfacenti registrati in alcune linee di business spingono Big Blue a passi sostanziali di riequilibrio.
Non è solo colpa dei server, va detto.
Qualcosa non ha funzionato sul fronte dei grandi contratti, dei servizi finanziari, dello storage e, parlando di geografie, qualche responsabilità spetta anche all’Europa.
Ma Rometty lo aveva dichiarato già in temi non sospetti: focus principale per Ibm sono oggi i big data e non è certo un caso che già nel mese di febbraio la società aveva dichiarato risultati superiori alle aspettative proprio su questo fronte.
Qualche altro business, in compenso, diventa meno strategico.
Gli X86, per l’appunto.
Se Ibm e Lenovo tacciono, parlano invece gli analisti, convinti che se anche è prematuro parlare di un valore dell’ipotetico accordo, di certo sarà nell’ordine dei miliardi di dollari.
Del resto, pur in assenza di cifre ufficiali da parte di Ibm, Morgan Stanley stima che il segmento X86 valga quasi 5 dei 15,4 miliardi di dollari del fatturato server complessivo registrato dalla società lo scorso anno.
La storia si ripete dunque.
Ibm cerca di uscire da un business a basso profitto – se pure in generale ad alti volumi – coinvolgendo una terza parte, Lenovo, destinata a mettere in discussione gli equilibri esistenti tra i player tradizionali, Hp e Dell soprattutto.
Esattamente come nel 2005.
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