Big Blue ha dimostrato che è commercialmente possibile realizzare circuiterie ottiche nettamente più veloci rispetto a quelle tradizionali, più efficienti nei consumi energetici e meno costose
I ricercatori di Ibm hanno messo a segno un nuovo
successo dimostrando come sia commercialmente praticabile la realizzazione
circuiterie ottiche all’interno di wafer di silicio utilizzando le tecniche
costruttive attuali. Si tratta di enorme passo in avanti dal momento che
l’impiego di segnali elettrici viene adesso messo da parte privilegiando
l’utilizzo di pulsazioni luminose: porte aperte, quindi, a una vera e propria
rivoluzione nel mondo del personal e del mobile computing. Le comunicazioni
attraverso i circuiti interni dei dispositivi elettronici potranno quindi
essere realizzate utilizzando connessioni nettamente più veloci rispetto a
quelle tradizionali, più efficienti dal punti di vista del consumo energetico e
meno costose. Il nuovo approccio, battezzato “silicon nanophotonics”
dai tecnici di Ibm, consentirà inoltre di mettere a punto chip dalle dimensioni
nettamente più compatte.
Il lavoro dei ricercatori di “Big Blue” sarà
oggetto di ampia discussione nel corso dell’incontro organizzato dall’Ieee (International
Electron Devices) a San Francisco per questa settimana. Ibm descriverà come
sia stato possibile realizzare modulatori ottici e fotorilevatori in un unico
chip di silicio utilizzando le tecnologie costruttive standard a 90 nanometri.
Stando a quanto dichiarato, i tecnici dei laboratori Ibm
sarebbero riusciti nell’intento di creare un transricevitore Wdm (Wavelength
Division Multiplexing), multiplazione dei segnali sui sistemi di
comunicazione ottici, su un chip capace di veicolare dati al ritmo di 25 Gbps.
Il limite teorico, tuttavia, potrebbe essere posto però molto più in avanti
arrivando a spostare l’asticella, come minimo, fino al Terabyte al secondo.
Solomon Assefa, uno dei
responsabili del progetto sviluppato presso Ibm, ha spiegato che i risultati
presentati proprio questa settimana sono frutto del lavoro che è stato condotto
da oltre 10 anni a questa parte. Un’anteprima delle nuove scoperte era stata
offerta già nel 2010 ma soltanto adesso si è riusciti nell’impresa di
utilizzare i processi costruttivi attualmente sfruttati dall’industria dei
microprocessori senza compromettere affidabilità e prestazioni.