Dai laboratori di ricerca di Big Blue arriva l’annuncio della tecnologia strained silicon, grazie alla quale si potrebbero migliorare le prestazioni dei processori lavorando sulla struttura del silicio. I dettagli arriveranno tra qualche giorno al Vlsi Technology Symposium di Kyoto
Siamo agli albori di una nuova era per i processori? Sembrerebbe proprio
di sì, almeno secondo quanto afferma Ibm, che, come riprova, annuncia di avere
scoperto un metodo per accelerare il passaggio degli elettroni attraverso il
silicio. Questa nuova tecnologia consentirebbe di ottenere un aumento delle
prestazioni di circa il 35% rispetto ai chip attuali e di limitare molto i
consumi. E ciò senza apportare modifiche sostanziali ai cicli produttivi dei
Cmos già in atto. Ibm sostiene che grazie alla tecnologia “strained silicon” si
potranno produrre processori molto più veloci e in grado di soddisfare le
esigenze più disparate, a partire dai server di fascia alta per arrivare ai
telefoni cellulari.
I ricercatori di Big Blue non hanno ancora svelato i
dettagli della loro scoperta (saranno argomento di discussione al Vlsi
Technology Symposium che si terrà a Kyoto fra qualche giorno) ma qualche
indiscrezione è già filtrata. Nella strained silicon le prestazioni vengono
migliorate stirando la struttura molecolare del silicio presente nella giunzione
SiGe: viene appiattita la normale configurazione cubica del deposito di silicio
fino a conferirle una forma rettangolare. Questo crea uno squilibrio all’interno
delle forze elettriche che normalmente ostruiscono il passaggio degli elettroni
attraverso il chip, facilitando in tal modo il flusso delle cariche elettriche.
Secondo quanto affermano in Ibm, la tecnologia strained silicon consente di
avere un incremento del 70% nella velocità di scorrimento degli elettroni
rispetto a quanto avviene nel silicio “tradizionale”.
Come sempre accade
quando si scopre una nuova tecnologia, passerà ancora un po’ di tempo prima che
si possa parlare di prodotti commerciali di tipo strained silicon. Però in Ibm
assicurano che questa loro scoperta porterà a un’accelerazione nel processo di
velocizzazione dei processori in quanto molto più economica da realizzare che
non alcuni processi attuali.
Alcuni esperti smorzano un po’ gli entusiasmi
nati in casa Ibm. Anzitutto fanno notare che la tecnologia strained silicon non
è una novità e che le ricerche ormai sono avviate da una decina di anni, ma
soprattutto evidenziano il fatto che Ibm è solo una delle aziende che hanno
lavorato al progetto. Tuttavia non fanno ancora i nomi delle altre. I più
scettici avanzano l’ipotesi che la tecnologia sia ancora troppo immatura per
poter essere implementata in processi produttivi e che i principi su cui si basa
non sia ancora del tutto definiti.
Sia come sia, in Ibm rimangono ottimisti e
danno appuntamento a Kyoto per svelare i segreti della loro scoperta.