Secondo step per i PureSystems. La virtù è una semplicità da raggiungere con macchine che vedono dentro l’azienda e lontano. Lo spiega Giovanni Calvio.
Le esigenze di chi gestisce datacenter di piccole dimensioni sono le stesse di chi ha in mano strutture ben più articolate.
Avere sistemi flessibili, semplici come appliance, elastici come il cloud, intelligenti e autonomi come un imprenditore che sa il fatto suo nell’indirizzare il business.
Per Giovanni Calvio, manager of PureSystyems in Italia, e che sino allo scorso luglio in Ibm si occupava di storage, questi sono proprio i tratti salienti dei sistemi integrati di Ibm.
Giunti alla seconda mandata, dopo quella iniziale di aprile, i sistemi integrati di Ibm confermano il loro genoma: sono integrati by design, hanno l’expertise built-in e sono contraddistinti un’experience semplificata.
Qui il pensiero corre a far paragoni con i sistemi tradizionali, che hanno un design client, necessitano di una personalizzazione d’utilizzo e sono complessi da gestire.
Il terzo esemplare dei sistemi integrati, che è appena arrivato sul mercato, è il PureData, raggiungendo i PureFlex e i PureApplication (ossia quei sistemi per fare servizi di infrastruttura e di piattaforma) si occupa di gestire dati.
Ma su tutto, secondo Calvio, deve essere compresa la finalità, l’essenza di un sistema integrato.
La sintesi, allora, è: servono a fare quello che le aziende non riescono per via di budget troppo destinati a gestire l’esistente: l’innovazione.
Uno slogan? Non per Calvio: i sistemi integrati hanno la potenza di quelli general purpose, la specializzazione di un’appliance e una gestibilità tipica del software.
Ergo, il concetto di integrazione è proprio quello di portare in uno chassis di nuova generazione tutti i servizi di gestione aziendale.
Anche quelli storage? Certo, spiega Calvio, facendo leva su strumenti matriciali come il San Volume Controller e coniugando intrinsecamente i benefici di virtualizzazione, easy tiering, flash copy.
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