Un’indagine di Wakefield Research commissionata da Avanade mette in luce come, specie in Italia, oltre 1/4 del budget IT sia stato destinato alla gestione del fenomeno BYOD. Una vera e propria sorpresa…
Avanade ha commissionato a Wakefield Research una ricerca, condotta tra ottobre e novembre 2011, su 605 tra dirigenti di livello C, decisori IT e responsabili di aziende in 17 Paesi fra Nord America, Europa, Sud America e Asia (30 quelli italiani sentiti) per capire a che punto è l’IT consumerization.
È più avanti di quanto si pensi, specie in Italia. Basti dire che a livello globale il 32% dei manager intervistati ha dichiarato di aver modificato le policy correlate alla tendenza del Bring your own device e che da noi la percentuale è doppia: 63%.
O che il 90% dei manager nazionali intervistati dichiara che comunque i propri dipendenti utilizzano i propri dispositivi informatici in azienda.
A tutti piace BYOD
Complessivamente l’indagine ha voluto esaminare i luoghi comuni dell’It consumerization. Dalle risposte si evince che non c’è quella renitenza che da più parti si manifesta, che tutto sommato integrare i dispositivi personali in azienda non è così difficile e che le risorse ci sono.
Che, importante, non si fa tutto questo tanto per attrarre i cosiddetti millennial, ma per motivi pratici: per propri consentire ai dipendenti di lavorare ovunque (58%), e per poter lavorare oltre l’orario d’ufficio (42%).
L’ERP oltre l’e-mail
Riguardo l’utilizzo, i dispositivi personali non sono utilizzati esclusivamente per il controllo delle email o per l’accesso ai social network, ma si orienta ormai anche ad applicazioni aziendali mission-critical. Tanto che il 45% usa soluzioni CRM, il 44% applicazioni per il monitoraggio delle spese e il 38% sistemi ERP e anche qui l’Italia è davanti: 63%. Tanto che, in media, le aziende stanno allocando il 25% del budget IT complessivo nella gestione fenomeno del BYOD. In Italia, la percentuale sale al 28%.
Curiosità: secondo gli intervistati, i dispositivi privati più utilizzati in azienda sono gli smartphone basati su Android, BlackBerry e laptop di Apple. In Italia, invece, fra i primi tre troviamo BlackBerry, iPhone e laptop con sistema operativo Windows.
I nodi da sciogliere
A fronte di questo quadro idilliaco, quali sono i problemi? La sicurezza in primis: le misure non sanno tenere il passo dell’utilizzo intensivo, un’azienda su due nel mondo ha patito un data breach. In Italia la percentuale sale al 90%.
Poi, ma questo è più un fattore che riguarda l’analisi del fenomeno, c’è il fattore organizzativo.
Il BYOD non è tanto legato al momento tecnologico, quanto a quello di metamorfosi sociale. Inquadrarlo come mero elemento razionale è un errore che alcuni possono ancora commettere.
A evidenza di ciò vi è il fatto, rilevato dall’indagine, che i CIO intervistati paiono ormai averlo sdoganato: le complessità tecniche sono state domate e lo strumento è attivo, in linea di produzione.
Con ciò si hanno due conferme: i CIO che svolgono tradizionalmente il proprio lavoro non si sono fatti intimorire. Quelli che, accanto al board, lo interpretano come elemento di metamorfosi, sono ancora nel mezzo della fase strategica.
BYOD a scapito di cosa?
Riguardo la ricerca ci sentiamo di tenere aperte due aree di dubbio. Una riguarda la dimensione del campione italiano: bastano 30 manager per rappresentare il quadro nazionale, anche se si tratta di grandi aziende? L’altra, la destinazione del budget IT: se è vero che un quarto va alla gestione della IT consumerization, quanta parte del budget legata alle tecnologie e metodologie precedenti viene stralciata?