Il Cio di Manpower offre la propria visione del mondo del lavoro, che c’entra, e molto, con l’It.
Intervenendo al Fusion 2007 Ceo-Cio Symposium di Madison, congresso statunitense dedicato al management, Rick Davidson, Cio di Manpower, la multinazionale di lavoro interinale presente anche in Italia, ha offerto una visione interessante sulle tematiche del mondo del lavoro. Interessante perché l’ha proposta con i propri occhi, di manager della tecnologia, non avulso dalla tematica organizzativa.
E questa è già una chiave di lettura che propone Davidson: il Cio deve occuparsi delle risorse umane del proprio dipartimento come e forse più di un responsabile Hr.
Motivo: i Cio oggi sono di fronte a una battaglia per raggiungere una nuova unità d’azienda, e devono avere la forza di far crescere una forza di lavoro che è alle strette per budget disponibile, ma anche per competenze.
Il quadro che ha fatto il Cio di Manpower è giocoforza fortemente influenzato dalla contingenza del mercato americano, ma, come abbiamo capito in questi anni, una quota delle considerazioni che si fanno sull’economia statunitense sono valide, da subito o in seguito, anche per la nostra realtà.
Davidson è partito dalla consueta notazione della fine dell’epoca dei “baby boomer”, ossia del vuoto che l’affievolirsi di una curva demografica del passato provoca sulla situazione occupazionale, con la scomparsa definitiva di competenze (il caso è tipico nell’area dei sistemi centrali, dei mainframe). Contestualmente, ha notato, arrivano generazioni di lavoratori con un percorso formativo (anche sul lato umano) completamente diverso. Il tutto va condito con la tendenza a un minor apporto di figure laureate sul mercato interno, a beneficio dei paesi emergenti. In sintesi: India e Cina oggi producono più professionisti It di Stati Uniti, Europa e Giappone messi assieme.
Insomma, per Davidson c’è un gap (anche questa non è una novità) che va colmato, compatibilmente con le proprie forze e andando a prendere le capacità dove ci sono. E spesso (qui sta la “rivoluzionarietà” del messaggio) sono già dentro l’azienda.
Il Cio tratteggia tre tipologie di lavoratori dell’It staff, riferenti ad altrettante generazioni: giovani, medi e maturi.
I primi sono lavoratori sotto i 35 anni che manifestano grande capacità di apprendimento delle nuove tecnologie, caratterizzati da adattabilità, sono creativi e “tribali”. Si muovono velocemente in azienda e tendono naturalmente a occupare gli spazi lasciati dai “baby boomer”, se non altro con percorsi di carriera più rapidi di quelli avuti dai loro padri.
I secondi, lavoratori sotto i 55 anni, sono il ventre molle del problema: sono i più carichi di nevrosi e a metà di un guado che genera anomia.
I terzi, lavoratori sopra i 56 anni, non temono la nuova tecnologia, ma non gli interessa nemmeno.
Ognuna delle tre categorie, per Davidson, ha delle criticità, che vanno superate per riuscire a estrarre il meglio dai lavoratori già in forze. Per i giovani, che tendono a sopravanzare i colleghi, meglio che ci sia il coordinamento di una figura carismatica. Sui medi bisogna fare un’attivita psicologica, di motivazione e coinvolgimento. Sui maturi, laddove c’è la necessità, si può agire per “prolungare la ferma”, fino ai 70 anni, ovviamente riducendo l’orario di lavoro.
Il tutto funge a valorizzare al meglio le competenze It, che in azienda diventano un bene scarso, e per contribuire, con l’area It, a vincere la “battaglia aziendale” sul mercato.
Strano che queste cose le abbia dette un manager che rappresenta un’azienda di lavoro interinale? No. Semmai onesto e realistico.
E comunque, fra i consigli finali che Davidson ha dato agli It manager, per gestire la loro forza lavoro, c’è ovviamente il ricorso all’outsourcing, in quanto il modello ha dimostrato bene la sua efficienza. Ma prima di arrivare a stabilire che c’è bisogno di terziarizzare, è necessario che il manager faccia un censimento del proprio It staff collocando i lavoratori nelle tre categorie di appartenenza (giovani, medi, maturi), affronti il tema con il responsabile delle risorse umane e con gli stessi lavoratori, lavori comunque per la loro formazione, automatizzi le funzioni ovunque possibile e non scarti l’ipotesi di vagliare reingressi di persone che hanno mostrato di avere le giuste competenze.