Da uno studio di Ca Technologies su 685 Cio emerge la loro ambizione a scalare al massimo livello della gerarchia aziendale. Per il momento ci sono riusciti solamente 4 su 100.
Lo ha già fatto l’israeliana Ester Levanon, che da Cio è diventata Ceo della Tel-Aviv Stock Exchange.
Tanti altri suoi ex-colleghi, nella fattispecie il 44%, ambirebbero a seguirne le tracce.
Emerge da uno studio su 685 Cio mondiali condotto la scorsa estate da Vanson Bourne per Ca Technologies, che dice che per il momento solamente il 4% è riuscito nell’intento.
Delle 685 interviste (telefoniche) a Cio operanti in organizzazioni di tutti i settori e con almeno 500 persone, 30 hanno riguardato manager italiani.
Il report mostra che il 55% dei Cio si sente idealmente pronto a passare a funzioni di general management e che, appunto, il 44% pensa di poter ricoprire il ruolo di Ceo.
Con Fabrizio Tittarelli, Senior Customer Success Architect di Ca Technologies abbiamo chiarito che non gioca solamente l’ambizione, ma anche «la conoscenza dell’evoluzione tecnologica, che sta influenzando il percorso professionale. Al momento c’è un ritardo culturale nel turnover, ma è fisiologico. Che però l’avvento del cloud sta colmando, creando una maggiore di intimacy fra tecnologia e business».
La convinzione, infatti, è maturata sotta la spinta del cloud computing, che sta spostando la funzione dei responsabile dei sistemi informativi verso lidi più strategici: entro due anni, il 14% degli intervistati si aspetta di essere preso in considerazione per il ruolo di Ceo, e un ulteriore 16% pensa di essere un candidato in più per questo ruolo nei prossimi due anni.
«Non facciamoci troppe illusioni – dice Tittarelli – compito del Ceo è guardare al conto economico. Però i Cio europei oggi sanno individuare i fattori di impatto sul business del futuro. E il 50% di loro sa che sono la crescita del volume dei dati, per il 41% è sempre il budget e nell’innovazione e per il 39% è nel cloud».
Nel percorso di crescita al momento hanno maggior fortuna i Cfo (nel 29% dei casi) o il Coo (23%): a oggi solo il 4% dei Ceo prima era un Cio.
Per cambiare il trend va speso il messaggio che «il dipartimento It può pensare il business anche in modo non tecnologico, impostandolo come un servizio».
Il percorso è convergente: «il board deve poter cambiare, il Cio si deve avvicinare. C’è un problema di linguaggio, di comunicazione del valore che si può risolvere con un Cio che diventando Ceo diventi, e c’è da scommetterci, motore di conoscenza tecnologica su tutta l’azienda, fautore di una ricaduta positiva sull’ortganizzazione e sulla vision aziendale».
A conferma dell’importanza della conoscenza di business, i Cio interpellati hanno ammesso di sentire un’esigenza formativa: per uno su due è fondamentale migliorare le competenze in ambito commerciale, aumentare skill nell’area del risk management e accrescere capacità di vendita e di negoziazione.
Ma anche la conoscenza tecnologica ha il suo ruolo: per un Cio su quattro i membri del loro Cda sono digitalmente analfabeti e non capiscono l’impatto delle nuove tecnologie emergenti e per il 39% il board non accoglie il contributo proveniente dall’It come valore aggiunto per il business.
Ecco perché per un Cio su due questa mancata comprensione genera al momento uno sfavorevole posizionamento dell’azienda sul mercato.
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