Il datacenter che supporta i big data

Circa l’80% dei CIO italiani nel prossimo biennio aumenterà gli investimenti nei datacenter, specie per diminuire i tempi di fermo aziendale. Lo faranno con l’idea di fruire dei servizi, ma anche per creare le strutture.

A distanza di nemmeno un anno Oracle prova a ritastare il polso al mercato per capire quali sono le percezioni riguardo il datacenter.
Con l’aiuto di Quocirca, ha sentito 949 CIO e Senior IT manager di 10 paesi, fra cui il nostro (rispetto alla prima volta non sono stati contattati manager statunitensi) e ha redatto la seconda edizone del Next generation Datacenter index (qui, la prima), teso a capire i movimenti sui terreni del consolidamento, della flessubilità e dell’evoluzione nel senso della sostenibilità dei datacenter.

La pagella: 5,58
Su una scala da 1 a 10 l’indice di inizio anno quotava 5,22. Quello attuale sale a 5,58. Quindi progressi in questi nove mesi ne sono stati fatti.
E sono risultati che, come afferma Sergio Esposito, Country leader dell’area sistemi di Oracle, «coincidono con quello che viviamo quotidianamente sul mercato».

L’indice cresce perché c’è il big data boom
L’affermazione ineludibile del fenomeno dei big data porta Esposito ad affermare che «dietro al big data c’è il datacenter. Specie in campo Telco e utility».
Cosa significa? Che a fronte dell’uso dei dispositivi mobili come front end primari, della crescita dei contenuti di entertainment digitale, delle app, dei servizi cloud e di un e-commerce che sta diventando ineluttabile, tutto quanto c’è e ci sarà sulla rete si ripercuote sul datacenter.

Come si vive il datacenter in Italia
Il fatto sta spingendo alcune aziende italiane a rivedere la posizione sull’avere un datacenter interno o solamente uno interno: rispetto a inizio anno raddoppia quasi la percentuale (dal 22 al 40) di chi si guarda in giro per portare fuori dall’azienda, presso datacenter terzi, servizi di gestione dati. Inoltre, sale all’80% la percentuale dei CIO italiani (100 il campione sentito da Quocirca) che nel prossimo biennio, specie per diminuire i tempi di fermo aziendale, aumenterà gli investimenti dei datacenter, sia per fruire di servizi, sia per creare strutture.

Visti da dentro
A questo proposito, c’è la tendenza a consolidare gli impianti esistenti, anche riducendo il numero delle facility, ottenendo da subito un risparmio in costi di gestione.
Dall’indice risulta che nei datacenter italiani le piattaforme non sono omogenee, benchè si sia lavorato sulla standardizzazione dei server applicativi, che la virtualizzazione dei server cresce ma non arriva ai livelli di altri paesi, che il system management è ancora ritenuto un momento tattico, che la pratica della gestione manuale delle patch è ancora invalsa.
Sta aumentando, peraltro, l’attenzione alla sostenibilità: per il 15% è un processo formalizzato.
E il cloud computing è diventato ormai idioma comunemente parlato.

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