La nascita del World Wide Web non ha,
probabilmente, una data ben definita. Il primo anniversario fu festeggiato dal
padre del web, Sir Tim Berners-Lee nel mese di marzo 2009: venti anni prima,
infatti, l’informatico britannico presentava il concetto di ipertesto. Ma è stato
il 6 agosto 1991 che il professor Berners-Lee allestì il primo sito web della
storia della rete Internet utilizzando un calcolatore installato presso i
laboratori del CERN: all’indirizzo,
allora attivato, c’è oggi una pagina che commemora l’evento destinato a
cambiare la vita e il modo di comunicare di centinaia di milioni di persone in
tutto il mondo.
Berners-Lee è intervenuto ieri all’iniziativa
“Happy Birthday Web“, tenutasi a Roma presso il Tempio di
Adriano. “Let the web serve humanity” è il motto
dell’inventore che non si è tirato indietro rendendo partecipi i presenti della
sua visione sul futuro della Rete e sullo stato dell’Internet italiana.
Il web e la rete Internet in generale sarebbero
però in pericolo, secondo lo scienziato: “dobbiamo iniziare a parlare
di diritto all’accesso al web e di diritto a non essere spiati. Internet deve
restare gratis, aperto e neutrale“. Questo strumento di comunicazione
deve essere impiegato senza timori e con la consapevolezza che esso è utile per
crescere, sia dal punto di vista culturale che economico. “I governi
devono usare il web come supporto perché aumenta l’efficienza e l’accessibilità
ai dati“, ha aggiunto Berners-Lee. Il web, insomma, come strumento che
deve restare esente da lacci e laccioli, soprattutto quelli che certi Paesi
vorrebbero imporre per limitarne la libera fruibilità da parte degli utenti.
L’invenzione del web è assimilabile a quella della
ruota: “Internet esiste da quarant’anni“, ha voluto precisare
lo scienziato inglese. La sua idea di ipertesto, però, ha portato
all’esplosione del web così come lo si conosce oggi. “Io ho cominciato
creando un browser, un server e delle pagine web. Oggi la piattaforma è il web
e ognuno può creare un programma e permettere a tutti di usarlo sviluppando una
web app“, ha dichiarato. A ricordare che quanto accade oggi avviene
utilizzando protocolli e metodologie figli della sua idea di venti anni fa,
pensati appositamente per il web.
Berners-Lee pone l’accento sui “dati”: il
web è fatto di dati, sono la sua “anima”. Anche gli Stati debbono
mettere a fattor comune i loro “dati”: si sono pagate le tasse per
tali informazioni e debbono essere messi nelle mani dei cittadini.
Accedere ai dati pubblici, non essere spiati mentre
“si naviga”, non essere bloccati o scollegati dal proprio provider
Internet, sviluppare liberamente un qualcosa che possa essere automaticamente
accessibile a tutti sono diritti fondamentali per Berners-Lee. Diversamente,
Internet e il web non sarebbero più basati sui principi e sui capisaldi che ne
hanno determinato la nascita.
Per quanto riguarda l’Italia, Berners-Lee aveva già precedentemente
detto che l’accesso alla Rete deve diventare un diritto di tutti i cittadini:
il governo dovrebbe quindi puntare su strategie che permettano di arrivare a
consegnare a tutti la possibilità di collegarsi a Internet e non puntare quasi
esclusivamente sul raggiungimento di velocità di trasferimento dati migliori.
L’Italia deve, insomma, sforzarsi e portare la “banda larga minima”
anche nelle zone rurali favorendo la connessione di tutti coloro che sino ad
oggi non si sono mai potuti avvicinare alla Rete.