Al varo l’architettura Ibm Virtualized Hosted Client Infrastructure, riedizione del thin client, su blade server.
Scomparso il pc, in casa Ibm rinasce il thin client. Ceduto, lo scorso anno, a Lenovo il business dei personal computer, ad Armonk non hanno scordato il tema del client e lo stanno personalizzando sulla scorta dell’utility computing.
È alle viste (stiamo parlando di un progetto in beta che prenderà corpo definitivamente nel primo trimestre del prossimo anno) l’idea di un pc mediato da un server.
In pratica, si tratta della riedizione del concetto di architettura client-server in cui, sulla linea del fronte utente c’è un dispositivo di tipo thin client e nel backoffice c’è un server su cui risiedono le applicazioni.
La novità architetturale è rappresentata dalla presenza della virtualizzazione, un tempo mancante e dall’accessibilità via Ip.
La tecnologia di base dell’Ibm Virtualized Hosted Client Infrastructure (questo il nome complesso della soluzione) è costituita da server BladeCenter con a bordo il software di virtualizzazione di VmWare, Esx Server, che fa girare più sistemi operativi su una stessa macchina, e il software di Citrix per accedere ai programmi residenti sui server.
In realtà, il BladeCenter, che può contenere fino a 14 server bi-processore, è stato concepito per far girare solo le applicazioni server.
Ma in Ibm si sono accorti e convinti che, in epoca di ottimizzazione delle infrastrutture It e di grid computing, quale questa è, ci sia spazio e risorse sufficienti per “emulare” il lavoro contemporaneo di una quindicina di pc su ogni server blade.
Una banale somma porta a dire che su uno chassis BladeCenter nel pieno delle proprie capacità possono alloggiare virtualmente, in contemporanea alle applicazioni server, anche duecento client pc.
Al momento non è previsto altro dal punto di vista commerciale. Si sa che Ibm sta testando la tecnologia e che gli strumenti deputati per fruirne dovrebbero essere i tradizionali thin client, come, per esempio, quelli prodotti da Wyse.
