Numerosi gli interventi contrari alla Posta elettronica certificata. Una soluzione un po’ autistica che non dialoga con l’estero. Le alternative
Niente più file davanti agli sportelli, almeno quelli di Inps e Aci. Partirà proprio da questi due enti la sperimentazione della Posta elettronica certificata. L?annuncio è del ministro per la Pa e l’Innovazione Renato Brunetta secondo il quale da “gennaio tutti gli italiani che lo vogliono, avranno un account di posta elettronica”. “Tra qualche settimana – ha aggiunto – si diffonderà la posta elettronica certificata, che varrà come una raccomandata: e a chi non ha il computer glielo porteremo a casa”.
Per la Pec sembra dunque essere arrivato di entrare a fare parte della vita degli italiani. Qualcuno però non è così contento, anzi in rete ci vuole poco per trovare una lunga lista di interventi contrari che contestano non certo il fatto di dare un valore legale alla mail, ma la scelta, bizzarra, di mettere a punto un sistema che funziona solo in Italia.
Ma c’è anche dell’altro. Siccome si sospetta che la Pec sia soprattutto un grande affare, le obiezioni riguardano anche i requisiti tecnici per partecipare al bando di gara degli operatori che dovranno dare le caselle di posta certificata agli italiani.
Il testo varato dal ministero della Pa e Innovazione prevede infatti che possano iscriversi alla gara le imprese che abbiano realizzato servizi di gestione di scambio di dati informatici, di posta elettronica o Pec, di gestione di software applicativi e di assistenza ai clienti per almeno 15 milioni di euro nell’ultimo quadriennio e almeno cinque nell’ultimo anno. E inoltre viene richiesta una rete di sportelli in grado di assicurare l’accesso in almeno l’80% dei Comuni italiani con popolazione residente superiore a 10mila abitanti, con orario di apertura al pubblico dal lunedì al sabato almeno dalla 9 alle 13.
“Ma di società candidabili a queste condizioni – dice al Corriere delle comunicazioni Andrea Lisi presidente dell’Anorc (Associazione nazionale operatori e responsabili della conservazione sostitutiva) – viene in mente una sola”: Poste italiane, unica in grado di soddisfare queste caratteristiche. Per il progetto sono stati stanziati circa 50 milioni di euro.
Non basta: la Pec made in Italy si trova a dover affrontare anche “problemi di identità”. Il bando non parla infatti di una casella di Posta certificata ma di una Cec-Pac (Comunicazione elettronica certificata tra Pa e cittadino), utile solo nelle comunicazioni tra utenti ed enti pubblici. Secondo Paolo Landi, segretario generale Adiconsum “questa simil-Pec non è interoperabile worldwide. Sostanzialmente inutile al di fuori dell´Italia: in futuro potrebbe essere rigettata dalla Ue”.
Un duro atto di accusa è costituito da questo intervento di Guido Scorza, avvocato specializzato nelle tematiche legate a Internet, che ricalcando lo stile televisivo del giallista Carlo Lucarelli in “Blu notte” spara a zero contro la proposta di Brunetta.
“E’ una brutta storia, tutta italiana, un progetto miope, nato vecchio, di una dimensione nazionale che sembra ignorare il contesto globale nel quale Stato, cittadini e imprese sono costrette a operare” è l’incipit del video nel quale Scorza ricostruisce la storia della Pec che giudica inutile soprattutto perché non potrebbe superare i confini italiani.
All’estero infatti vengono normalmente utilizzati i certificati S/Mime che funzionano con qualsiasi sistema e già consentono di autenticare e verificare i messaggi. Secondo quanto spiega Michele Nasi, che sul software.it si è occupato dell’argomento,“Tutti i programmi (client) per l’invio e la ricezione della posta elettronica che supportano il formato S/Mime sono in grado di gestire certificati digitali: questi ultimi servono a firmare sia le e-mail che i relativi allegati rendendoli immodificabili e dando valore legale agli stessi. In aggiunta, è anche possibile crittografare i messaggi rendendo così sicuro il loro trasporto.
Mime è l’acronimo di Multipurpose Internet Mail Extensions e fissa uno standard per il formato di un messaggio di posta elettronica. Ogni messaggio inviato attraverso un server Smtp è considerabile come in formato Mime. Le varie parti di un’e-mail ed, in particolare, le indicazioni Mime inserite al suo interno, specificano, ad esempio, il formato con cui viene inviato il messaggio (solo testo o html), la codifica utilizzata, eventuali allegati e così via.
S/Mime (Secure Multipurpose Internet Mail Extensions) è uno standard per la crittografia a chiave pubblica e per la firma dei messaggi di posta elettronica che si inserisce all’interno delle specifiche di Mime. S/Mime, originariamente sviluppato da Rsa Security, fornisce la possibilità di autenticare, verificare l’integrità, garantire il non ripudio (utilizzando la firma digitale) e proteggere il messaggio (utilizzando la crittografia) trasmesso in Rete”.
In pratica, esiste uno standard del quale l’Italia, unica al mondo, ha deciso di fare a meno. E così le aziende italiane che avranno a che fare con l’estero, un discreto numero vista la potenza del Made in Italy, non potranno utilizzare la Pec.