In uno degli ultimi atti del governo Gentiloni, i ministri Calenda, Padoan e Poletti hanno firmato il decreto attuativo per il credito d’imposta relativo alla formazione 4.0. L’incentivo punta a supportare l’acquisizione di competenze sulle tecnologie 4.0 negli ambiti dell’informatica, delle tecniche e tecnologie di produzione e della vendita e marketing da parte dei lavoratori dipendenti di imprese italiane.
L’agevolazione prevede un credito di imposta del 40% delle spese ammissibili sostenute nell’anno 2018 nel limite massimo di 300.000 euro per ciascuna impresa beneficiaria. Il bonus formazione 4.0 sarà riconosciuto a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato, che effettuano spese in attività di formazione nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31dicembre 2017. Fra le attività di formazione che potranno usufuire del credito non rientra però la formazione ordinaria o periodica organizzata dall’impresa per conformarsi alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, di protezione dell’ambiente e ad ogni altra normativa obbligatoria in materia di formazione.
Compatibili sono invece le attività di formazione relative alle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0. Stiamo parlando di big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, cyber security, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali, applicate negli ambiti elencati nell’allegato A del prrovedimento. Per usufruire del nuovo credito d’imposta le imprese dovranno certificare i costi delle spese di formazione. La certificazione dovrà poi essere allegata al bilancio.
L’importanza della formazione per Industry 4.0
La formazione è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’Industry 4.0. Secondo i dati Ocse l’Italia è risultato il paese con la più alta percentuale (33% circa) di skill mismatch, un dato che se fosse ridotto al valore più basso porterebbe a una crescita della produttività del lavoro del 10%. Il Politecnico di Milano stima invece che già oggi un centinaio di hard skill sono necessarie al sistema industriale italiano.
I dati di Ernst&Young, società di consulenza che ha dato il via alla Digital Academy, le aziende hanno un forte bisogno di professionalità esperte di Ict (+56% la domanda di nuovi profili digitali) e che sette manager su dieci sono consapevoli di avere carenze nelle competenze digitali e l’80% ritiene che questa lacuna sia il principale impedimento allo sviluppo dei progetti.
Confindustria stima invece che da qui a cinque anni mancheranno 280 mila supertecnici all’industria italiana. Si parla di tecnici molto specializzati e in particolare di ingegneri. La stima riguarda solo cinque settori (meccanica, l’agroalimentare, la chimica, la moda, Ict) non l’intera industria.
Sempre in questi giorni il ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato la graduatoria dei centri di competenza ad alta specializzazione sulle tematiche relative all’Industria 4.0. Al primo posto c’è il Politecnico di Torino – Manufaturing 4.0, seguito dal Politecnico di Milano – Made in Italy 4.0, e dall’Alma Mater Studiorum Università di Bologna Bi-Rex.
Seguono la Sant’Anna di Pisa, l’Università di Padova, Federico II di Napoli, Cnr e La Sapienza di Roma.