Parlare di big data e di cloud oltre le apparenti ovvietà del caso: gli esempi e le contestualizzazioni di Fredi Agolli.
Si può senz’altro dire che Facebook faccia leva sulla gestione dei big data. Non vi è dubbio, infatti, che la società debba maneggiare parecchi dati generati dai propri utenti.
La notizia, ce la dà Fredi Agolli, è che per farlo usa soluzioni realizzate da Informatica.
Ma a parte questo caso lampante, il tema big data chi altri riguarda? Di più: si sta forse sta parlando a sproposito di big data?
Così risponde Agolli (che di Informatica è country manager):
«No, noi diciamo da sempre che tutto deve ruotare attorno all’informazione, alla sua gestione e all’uso che se ne fa».
D: Investire in big data, allora, ha senso?
A: Anche qui, dipende dagli obiettivi che uno si dà. Oggi i clienti guardano due cose. Scontate, se vogliamo, ma vere: fare più ricavi e diminuire i costi. Se gli obiettivi sono ovvii, altrettanto non è la soluzione. Cloud e big data allora sono due ambiti su cui agire.
D: Esistono esempi di big data come leva solutiva?
A: Uno fresco, dal nostro recente kick off annuale. Un Cio di una società di healthcare con Informatica sta gestendo una struttura It per la mappatura del Dna. Teniamo presente che per il Dna di una persona serve maneggiare un Terabyte di dati. Però usare le indicazioni ricavete, per esempio, nella lotta ai tumori, ci fa capire che big data non significa solo avere a che fare con moli di dati, ma anche farlo in velocità. Abbiamo, quindi, aggiunto un’altra dimensione al contesto di analisi.
D: E un caso di cloud?
A: Quello di Cruise Prestige, società che propone crociere di lusso. Usa Salesforce.com e deve sincronizzare i dati con il datawarehouse interno, on premise, per conoscere meglio i clienti, che poi sono gli intermediari, le agenzie di viaggio. Non solo, deve anche gestire il ciclo di post vendita e la customer satisfaction. Il sistema è usato da 170 persone, ma gestito da una sola. Tramite cloud Informatica ha fatto l’integrazione fra Salesforce e datawarehouse consentendo al gestore di avere il pieno controllo di piattaforma e dati.
D: Informatica su cloud ha le stesse funzionalità della soluzione on premise. Cosa cambia per l’utente?
A: Il conteggio viene effettuato sulla base del consumo dei servizi di accessibilità al dato, profilazione, bonifica, e non solamente deduplication, master data management. E non c’è limite ai dati lavorati.
D: L’aspetto dell’integrazione con le basi dati è quello dominante?
A: Per continuare con il caso precedente, su Salesforce abbiamo una soluzione nativa di master data management. Facciamo un altro esempio, molto popolare: Hadoop. Un valido framework, che sfrutta capacità elaborative massive. Ma gli skill in azienda non possono essere utilizzati: sarebbe un passo indietro, perché il framework richiede codifica manuale. Noi allora incapsuliamo Hadoop, con Power Exchange, e diamo l’accesso trasparente. Ma facciamo lo stesso anche con Hana, Greenplum, Netezza. Il nostro skill non cambia.
Noi facciamo integrazione dati, bene. Niente altro.
D: Si può parlare anche di in-memory, dunque?
A: È solamente una tecnica. Per utilizzarla servono competenze specifiche. Oppure l’incapsulazione. Informatica lo fa: incapsula.
Informatica in Italia conta sul contributo di una ventina di persone, che seguono direttamente il mercato delle aziende medio-grandi, di una business unit di cinque persone che interagiscono con cinquanta specialisti a livello di regione Sud Europa, e di tanti partner, come Accenture, Hp, Reply.
A proposito di partner, il cloud gli toglie lavoro?
«No – dice Agolli – glielo cambia, perché sono cambiate le esigenze. Il cloud, insomma, aiuta l’It a riappropriarsi del business».
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