Il rapporto di Idc descrive un Paese a macchia di leopardo. Il ruolo chiave della produttività
Le 186 pagine del rapporto di Idc sull’innovazione raccontano un sistema bloccato dove il livello dell’input e dell’output delll’innovazione varia di poco dal 2006 al 2006. C’è poca benzina nel motore, ma viene anche distribuita male. Così qualcuno corre (il Nord e il Lazio) e qualcuno si muove con estrema lentezza (il Sud). E’ l’eterno divario italiano sul quale però, fa notare Giacomo Vaciago, non si gioca la campagna elettorale che parla invece soprattutto del Nord Est.
La mancanza di Ict nelle imprese è solo uno dei problemi. “L’aspetto più grave– scrive il rapporto – è l’utilizzo riduttivo delle infrastrutture dell’informazione e dei servizi evoluti legati all’economia della conoscenza nei sistemi produttivi e nel sistema sociale che contribuisce a impedire l’emergere di modelli organizzativi più moderni e integrati”.
Nelle aziende i computer ci sono, spesso accompagnati dal collegamento a Internet (magari in banda larga), ma pochissimi utilizzano l’e-commerce anche nella versione b2b e molte ricerche dicono che le tecnologie in azienda raramente vengono utilizzate per dialogare meglio con l’esterno.
Il fattore chiave è costituito dalla produttività. Le riforme Treu e Biagi, spiega Idc, hanno portato a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, ma è necessario portare a compimento le riforme per ridurre “l’attuale dualità tra i garantiti (chi ha un contratto a tempo indeterminato) e gli altri esposti alla precarietà e alla globalizzazione”.
In attesa dell’arrivo delle riforme, però, una forte spinta può arrivare dall’innovazione digitale il cui contributo può arrivare da due canali irrinunciabili. Da un lato ci sono le aziende che se non spendono in Ict non potranno avere che un contributo limitato alla loro crescita. “Ma le aziende investono solo se percepiscono una convenienza dell’investimento. E il rendimento dell’Ict è anche una funzione dello sforzo di modernizzazione (nelle tecniche di marketing, di vendita, di gestione delle scorte e delle risorse umane) che le Pmi desiderano intraprendere. Questo sforzo è largamente indipendente da politiche e sussidi pubblici e dipende invece in modo cruciale dal grado di concorrenzialità prevalente nell’economia”.
Il secondo canale consiste nella capacità del nuovo governo di fare partire gli investimenti industriali nei settori indicati da Industria 2015 che molti dei relatori del Forum hanno indicato come un progetto da salvare qualunque sia il colore della prossima maggioranza. Di fondo, ha ricordato Vaciago, continuiamo a essere in ritardo su tutto ciò che è sistema. Rimaniamo il Paese dell’eccellenza a macchia di leopardo, del difficile rapporto tra università e imprese e delle difficoltà di finanziamento per le imprese. Il rapporto di Idc, che tratta anche dei problemi della Pa, si occupa di tutti questi aspetti che dovrebbero essere oggetto di discussione anche in una campagna elettorale.
Ma nelle sale della Borsa di Milano, dove si svolge il Forum, la politica pare assente.