Il Cio di Microsoft insegna che la consumer electronics quando entra in azienda è un problema fino a che non lo si affronta.
Non si può correre dietro a tutti i dispositivi di consumo che entrano in azienda o che ne escono. Ci vuole, piuttosto, un sistema che li inquadri in una logica e poi il “si può-non si può” viene automaticamente.
È la ricetta per governare l’It consumerization che ha adottato il Cio di Microsoft, Tony Scott.
Per capirci, è un manager che gestisce 200mila client, un sito mondiale con 1,7 miliardi di contatti al giorno, che sta passando proprio il suo .com al cloud, compreso il sistema di licenze, e che sta affrontando tutte le problematiche che un percorso del genere comporta, non escluso un rapporto con il Cfo tutto da costruire sul tema, spiegando, circostanziando, anche evangelizzando sul lato costi, reportistica, attribuzioni.
Logico che di fronte a una tematica, comunque seria perché reale, come quella dell’ingresso in azienda di dispositivi di consumo, la sua linea sia quella di “mettersi sopra” il problema.
Governarlo con un metodo che non faccia perdere tempo a dire “questo si, questo no”, ma che la cosa avvenga “by default”. Come? Con un framework impostato che determina le caratteristiche che un dispositivo debba avere per essere accettato.
Il che non significa che si apre la porta della censura preventiva: in Microsoft non ci sono solo i Windows Phone 7 (li hanno tutti i dipendenti) ma girano e sono supportati dall’It anche Android, iPad, iPhone.
La discriminante è l’aderenza agli standard stabiliti dal Cio in termini di gestibilità, sicurezza, controllo, anche di efficienza. E fine della storia. Che ci insegna come l’accesa retorica che spesso si fa sulla consumerization It può essere spenta utilizzando un sistema di gestione, deciso dal Cio nel pieno delle proprie competenze. Gli strumenti per farlo ci sono, e per prendere la decisione di utilizzarli non crediamo ci si debba chiamare Microsoft.