Quart’ultima su ventotto Paesi che, a oggi, compongono l’Unione europea.
È l’Italia che, raccontata da Francesco Sacco, Docente di Strategia dell’Università Insubria e SDA Bocconi, attraverso l’indice DESI, con cui l’Ue misura le singole performance dei Paesi membri, tratteggia una nazione «debole in termini di connettività, di capitale umano e di utilizzo di Internet».
Aggiornato al 25 febbraio, l’indice sintetico preso a spunto da Sacco, che da tre Governi a questa parte è anche componente del Tavolo per l’Innovazione e l’Agenda Digitale, ci posiziona, però, nel novero dei Paesi che stanno cominciando a muoversi in maniera più veloce rispetto alla media europea.
Dieci anni di immobilismo
La notizia data in occasione della inaugurazione del nuovo Campus Digitale di Data4 in Italia è incoraggiante, anche se sotto accusa restano undici anni di immobilismo durante i quali l’Italia ha smesso di investire in Information e communication technology.
Irrintracciabile su Google Trends prima di gennaio 2011, l’Agenda Digitale italiana ha finalmente visto, con il Consiglio dei Ministri datato 3 marzo 2015, il varo di due importanti piani inerenti infrastrutture fisiche e software, su cui, una volta tanto, il Governo non ha lesinato.
«Penultimi in Europa in termini di diffusione della banda ultralarga – racconta Sacco –, con l’intento di portarsi allo stato dell’arte della tecnologia, il piano di Governo finanziato attraverso 7 miliardi di euro di fondi pubblici e altri 5 miliardi di cofinanziamento, punta ad avere il 100% dei cittadini italiani con almeno 30 mbps reali e un ulteriore 50% collegati a 100 mbps».
Verso l’Italia Login
A sua volta, altri 5 miliardi di euro in sette anni sono stati messi sul piatto per l’infrastruttura software, «ossia quella parte di funzionamento della Pubblica amministrazione – dettaglia Sacco – che crea quei fattori di competitività utilizzati anche da altre amministrazioni Pubbliche e Private e che permette al Paese Italia nel suo complesso di fare un salto in avanti».
Spostata per la prima volta, e a dispetto della spesa conservativa di mantenimento, l’enfasi sulla spesa innovativa, si è, inoltre, pensato bene di dar vita a Italia Login, un unico punto di accesso per semplificare le relazioni dei cittadini con la Pubblica amministrazione.
Da qui la creazione di Spid, Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità, al momento fornita da InfoCert, Poste Italiane e TI Trust Technologies, e alla quale hanno già aderito Agenzia delle Entrate, Equitalia, Inps, Inail, alcuni Comuni e Regioni italiane.
«La notizia – riporta Sacco – è che, entro giugno 2016, saranno oltre 600 i servizi della Pa, che permetteranno di utilizzare l’identità digitale attraverso una prassi che, a regime, tutti i segmenti della Pubblica amministrazione saranno obbligati a offrire per semplificare la vita di tutti i giorni».
Sarà, infatti, possibile utilizzare Spid per accedere a servizi privati e aziendali che vogliono essere compliance con l’identità digitale.
Rivoluzione nei pagamenti
A sua volta, anche il Nodo dei Pagamenti-SPC, la piattaforma tecnologica che assicura l’interoperabilità tra pubbliche amministrazioni e Prestatori di Servizi di Pagamento, «ha già visto l’adesione del Ministero della Giustizia, di Equitalia, Inps, di diciannove delle maggiori Regioni per il pagamento, ad esempio, del bollo dell’auto e dei ticket, di dieci ministeri, due enti previdenziali e 52 organi di amministrazione minori».
Sforzi corali, dunque, ma anche continui e coerenti nella medesima direzione.
In discussione, conclude Sacco, «non è cosa fare ma come farlo nel modo più veloce possibile».