Italia e lavoro: Repubblica di collaboratori

Nella terza edizione dell’Osservatorio Assintel crescono forme contrattuali “più flessibili” a discapito delle assunzioni. Fra retribuzioni congelate e formazione in caduta libera, se la passano peggio donne, programmatori e capi progetto.

Così com’è scritto, l’incipit dell’articolo 1 della Costituzione italiana lascia ampio spazio all’interpretazione. Quando recita che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” non specifica con quale tipo di contratto. Peccato che, prestato ascolto ai risultati della terza edizione dell’Osservatorio dei profili professionali nell’It, promossa da Assintel, il trend che ne emerge parla di uno spostamento, sempre più evidente, verso forme contrattuali giudicate “più flessibili” ma certamente meno stabili, come contratti a progetto, per partita Iva e stage, a discapito di assunzioni a tempo indeterminato.

Ma l’aspetto della gestione delle risorse umane è solo uno dei temi trattati nell’Osservatorio promosso dall’Associazione nazionale imprese Ict, in collaborazione con Aica, Gi Group, Idc, itSmf e Od&m, e con il contributo della Camera di Commercio di Milano. Tant’è che, a far infervorare il presidente Assintel, Giorgio Rapari (nella foto), che al posto di “risorse umane”, preferisce parlare di “talenti”, è ben altro. «Considerando che la produzione di conoscenza innovativa è il vero asset dell’industria Ict – è la sua instancabile denuncia -, la corsa al ribasso delle tariffe sta minando il concetto stesso di qualità dell’offerta».

Peccato che, dal punto di vista dell’impatto della crisi economica sulle risorse umane, lo spaccato Assintel aggiornato al 2010 parla di retribuzioni che, nel 90% del campione indagato da Idc, risultano ferme e con valori medi di crescita che, se nel 2009, sfioravano il 3%, ora non superano l’1,5%. Ma non solo. Nelle 181 aziende che hanno contribuito all’indagine (90% indipendenti di medio-piccole dimensioni, 6% appartenenti a un gruppo nazionale e 4% a una multinazionale estera), la formazione è ulteriormente crollata del -4,4% risultando, nel 77% delle aziende sotto i 20 dipendenti, del tutto assente.

In tal senso, «tagliare la formazione, procrastinare lo sviluppo di processi strutturati di valutazione del personale, evitare di progettare percorsi di carriera e scegliere di non puntare sull’evoluzione delle conoscenze, vuol dire bruciare i propri asset strategici» ammonisce Rapari. Ma tant’è. Come ha fatto notare il research director It di Idc Italia, Fabio Rizzotto, speculare all’erosione occupazionale delle forme contrattuali tradizionali e alla crescita dei contratti atipici (passati dal 14% del 2009 all’attuale 22% dell’intero campione), le ditte individuali sono cresciute del 2,4% a fronte del rallentamento riportato dalle società di capitale (-0,9%) e della moria delle società di persone (-2,4%).

In un siffatto quadro, sono davvero pochi a stupirsi di come, ancora una volta, anche nelle aziende It si confermino retribuzioni sistematicamente inferiori per le donne. Una rassegnazione che diventa sdegno, quando Rizzotto parla di «un divario del 22% per i dirigenti, del 7% per i quadri e del 6% per i dipendenti» e di un «calo superiore alla media dei contratti da lavoro dipendente (-1,1%) a fronte di una più nutrita crescita (3,9%) degli inquadramenti atipici, che coprono il 27% del campione considerato». In linea, ma “ammortizzato” dal diverso costo della vita, il divario negli stipendi medi fra Nord e Sud.

Così, se nella classifica stilata da Simonetta Cavasin, general manager di Od&m, Key account manager, responsabili commerciali It e direttori dei sistemi informativi registrano – rispettivamente nelle categorie impiegati, quadri e dirigenti -, le migliori performance, a fare le spese dell’ulteriore flessione riportata anche nel 2010, rispetto all’andamento delle tariffe professionali, sono soprattutto figure di basso profilo come programmatori (fermi a 237 euro a giornata) e capi progetto (532 €/g). Lato consulenziale, se la cavano, invece, le tariffe medie per i consulenti master, stabili a 934 €/g, dopo il -6% del 2009.

In tal senso, sottolineando come nei primi otto mesi di quest’anno, il potere di acquisto di dirigenti e quadri sia «rimasto sostanzialmente invariato», è la stessa referente della realtà specializzata in servizi di consulenza direzionale e fornitore di strumenti per valorizzare le risorse umane, a ricordare come, «nel 2010, si sono registrati alcuni segnali di ripresa con un’attenzione forte, all’interno delle aziende, alle politiche retributive, che rimangono una leva importante per attrarre, trattenere e motivare le risorse al proprio interno».

Elementi di riflessione ai quali ci piace aggiungere un ulteriore aspetto, che riguarda il lato democratico dell’It, «ossia – osserva Cavasin – l’impatto coerente tra gli indicatori di performance e l’incidenza del variabile sulla retribuzione fissa». Un elemento estremamente indicativo di un settore, quello It, «che misurando in maniera oggettiva i propri Kpi, realizza una correlazione diretta tra risultati della performance aziendale individuale e variabile percepito». Ma il settore di cui parliamo, sarà bene ricordarlo, è lo stesso che, già ammalato dalla compressione delle tariffe, ha a che fare con la Pa.

«Continuando su questa strada – conclude Rapari – appare impossibile per le aziende del nostro settore pensare di attivare in maniera virtuosa né investimenti, né innovazioni di alcun tipo. In quest’ottica va letto il nostro tentativo di apertura di un tavolo congiunto con altre realtà associative, per arginare fenomeni come l’ultima trattativa a baste d’asta assegnata da Poste Italiane con un ribasso del 70%. Occorre unirsi per difendere un patrimonio di conoscenza e innovazione che, però, deve poter contare su un’appropriata infrastruttura e su misure di concerto per impedire che anche le aziende private adottino i tempi di pagamento del Pubblico».

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