Lo stabilimento Honda di Atessa (Ch) è un caso di eccellenza dei servizi Soa di Big Blue: con un mix di Web service e Rfid ha ridotto del 10% il tempo di assemblaggio dei motocicli.
Orlando, Florida
Oltre 1 miliardo di dollari l’anno e più di 15mila consulenti formati dagli Ibm Global Services negli ultimi 3 anni. Questo, in summa, è l’impegno profuso da Big Blue nelle tecnologie Soa secondo Steve Mills (nella foto), senior vice president e group executive del Software Group. I servizi costituiscono una componente fondamentale dei progetti relativi alle architetture di servizi.
«Solitamente – precisa il manager – per ogni dollaro speso in software, 5 sono quelli spesi in consulenza e ridisegno dei processi. Questo rapporto può essere rivisto al ribasso se le aziende decidono di attuare internamente l’integrazione delle applicazioni che, ancora oggi, costituisce l’ossatura portante di questi progetti».
Iniziative che, ovviamente, non sono ancora alla portata di tutte le aziende.
«Chiaramente, non si tratta di progetti pensati per le piccole imprese, che hanno ben altri problemi di prima informatizzazione – puntualizza Mills -. Tuttavia, in futuro, anche le medie realtà, con almeno 500 dipendenti, potranno cogliere appieno i benefici dei Web service. Anche queste aziende, infatti, sperimentano già concretamente i problemi della scarsa flessibilità dei loro sistemi informativi, che non riescono ad adattarsi dinamicamente ai cambiamenti intervenuti sul business».
I numeri di Ibm sembrano confermare la tendenza: 4.500 progetti Soa attivi nel mondo, 1.500 dei quali avviati nel corso del 2006, con l’obiettivo di raggiungere i 6.000 a fine anno.
A guidare “la moda” delle Soa sono, ovviamente, i settori all’interno dei quali la stratificazione delle tecnologie avvenuta negli anni scorsi si somma al ruolo strategico che l’informatica riveste per le attività “core”.
Ecco che, a ben guardare, a sperimentare i Web service sono le “solite” assicurazioni e banche, ma anche diverse aziende manifatturiere e amministrazioni pubbliche.
Un esempio concreto è quello di Honda Italia, che è riuscita a ridurre del 10% il tempo di assemblaggio dei pezzi dei suoi motocicli nello stabilimento di Atessa (Chieti), con un sapiente mix di Soa e identificazione in radiofrequenza.
«Il monitoraggio dei componenti e il replenishment automatico sono, ormai da qualche mese, una realtà concreta – sottolinea con orgoglio Giuseppenicola Serrecchia, vice direttore di stabilimento -. E il progetto, che era nato per una esigenza specifica, ovvero quella di tracciare i lotti per far fronte all’eventualità di un richiamo dei prodotti, si è trasformata in una concreta opportunità di risparmio sui costi di produzione. Siamo talmente soddisfatti che, in futuro, applicheremo le stesse tecnologie anche alla linea di assemblaggio dei motori».
Il progetto, partito per volontà del management italiano, sembra fare scuola, tanto che sarà a breve replicato anche nell’impianto londinese della casa motociclistica nipponica.