Presentato nel corso del Forum delle Imprese Francia Italia 2008 il rapporto di Intrum Justitia sulle abitudini di pagamento in Europa. La situazione italiana e i rimedi possibili.
Sono le piccole imprese, per lo meno in Italia, quelle che hanno maggiori difficoltà a ricorrere all’outsourcing per il recupero crediti. Difficoltà di tipo psicologico (Nessuno deve chiedere soldi ai miei clienti), che portano le realtà più piccole a preferire i lunghi contenziosi e i decreti ingiuntivi, piuttosto che rivolgersi a società specializzate nel recupero creditizio.
E’ questa un’osservazione interessante, emersa a margine di un incontro organizzato oggi da Intrum Justitia, nel corso dell’edizione 2008 del Forum Francia Italia, svoltosi a Milano.
Nel corso del seminario, intitolato “Analisi delle abitudini di pagamento in Europa – Focus sulla situazione del mercato italiano“, le abitudini di pagamento e i rischi connessi al mancato recupero dei crediti sono stati messi sotto la lente.
La situazione è tutt’altro che tranquilla, sottolinea Intrum, ed è destinata a peggiorare nei prossimi 12 mesi, anche e soprattutto a causa del periodo di incertezza delle economie mondiali.
Se a livello paneuropeo si registra un leggero miglioramento nei tempi medi di pagamento, passati in tre anni da 59,2 a 55,5 giorni, l’Italia, con Spagna e Portogallo, continua a giocare il ruolo di fanalino di coda, con miglioramenti impercettibili: dai 91,5 giorni del 2006 ai 91 giorni attuali.
Per quanto riguarda i settori del credito, i tempi più lunghi si registrano nelle amministrazioni pubbliche, con 65,3 giorni. Seguono le imprese, con una media paneuropea di 55,5 giorni e infine il consumer, fermo a 40 giorni.
Per quanto riguarda la sola Italia, il rapporto evidenzia come le aziende migliori, dal punto di vista del recupero crediti, si trovino in Veneto: si parla del 7% dei debitori business (sul totale nazionale) per un totale di aziende che rappresenta il 7% di quelle presenti in Italia. Di converso, la maglia nera spetta alla Campania: qui si trova il 10% dei debitori business nazionali, per un totale di aziende di nuovo nell’ordine del 7%.
Pagano meglio i propri fornitori le aziende del Nord Est, mentre i peggiori pagatori si concentrano nel Centro.
Parimenti, le aziende più a rischio di nuovo sembrano essere quelle di più piccole dimensioni, da 2 a 9 dipendenti, mentre con il crescere delle dimensioni aziendali sembra crescere anche il loro tasso di affidabilità.
Nella sua analisi Intrum ha anche provato a ripartire in sette tipologie i debitori dell’area business, in base ai loro comportamenti.
Per un 18% di realtà definite “sincere“, vittime di disguidi commericali, tecnici e amministrativi, si trova un 22% di cosiddetti “specialisti“, che attuano vere e proprie strategie di non pagamento, ignorando solleciti o creando contestazioni che hanno il solo scopo di rallentare le procedure di recupero.
Un 20% fa parte dei cosiddetti “selettivi“, che pagano i loro fornitori in base alle loro priorità, privilegiando quelli che possono influenzare la loro immagine o la loro reputazione.
Un 8% è semplicemente “insolvente” e si trova in una situazione di difficoltà economica che rende difficile onorare gli impegni, mentre un ulteriore 7% non può che incolare se stesso delle situazioni di morosità: sono i “disorganizzati“, che non hanno una corretta gestione della contabilità.
Interessante anche le conclusioni, riassumibili in una sorta di to-do-list anche per chi sceglie di non affidarsi all’outsorurcing o a un partner specializzato come Intrum Justitia è.
– Introdurre i limiti di credito
– Verificare sempre la correttezza e la corrispondenza degli indirizzi di fatturazione
– Raccogliere informazioni sostanziose sullo stato di solvibilità dei potenziali clienti e su quello dei clienti chiave per la propria impresa
– Offire termini di pagamento flessibili
– Inviare solleciti secondo la formula 2-2-2: primo sollecito dopo due settimane di ritardo, secondo sollecito dopo due ulteriori settimane, non più di due solleciti prima di ricorrere alle misure legali
– Addebitare interessi passivi e spese di istruzione delle pratiche.