Presentate, nel corso della JavaOne di San Francisco, le nuove strategie di integrazione delle applicazioni aziendali via Web. Tutti i vendor (o quasi) puntano sui Web service, per consentire agli sviluppatori di creare applicazioni Java immediatamente fruibili come servizi via Web. Bea Systems, con
Il sogno della piena integrazione di tutte le applicazioni di e-business sembra aver trovato un riscontro concreto. Già da tempo c’era chi paventava, nel mondo dell’Eai, l’avvento di una lingua franca in grado di “far parlare” tra loro le diverse applicazioni che costituiscono il cuore pulsante delle infrastrutture di e-business. Tanti vendor hanno fatto di questa nuova filosofia una bandiera, primi tra tutti Sun, Ibm, Oracle e Hewlett-Packard che, da tempo, annunciano l’intenzione di aggiornare gli application server proprietari per includere il supporto a nuove interfacce Java.
L’idea alla base di questa nuova filosofia, basata sui Web service, è quella di dotare gli application server di funzionalità avanzate di caching e business intelligence. Grazie a queste funzionalità, dovrebbe essere possibile convertire le applicazioni basate su Java in servizi fruibili e scambiabili via Web, con la semplice aggiunta di interfacce standard come Soap, Uddi, EbXml o Wsdl.
“Ma se tutti ne parlano – chiarisce Mauro Solimene, amministratore delegato di Bea Systems Italia – Bea è, invece, già in grado di presentare le prime concrete implementazioni di questa nuova filosofia, che si inserisce a pieno titolo nella strategia che noi abbiamo battezzato Portal Framework. L’idea è di riuscire a creare un framework di portali, una sorta di super-portale virtuale che consenta all’utente di avere libero accesso a tutte le applicazioni di e-business che risiedono sul sistema informativo aziendale”. Non si tratta di un semplice slogan, precisa Solimene, ma di una rivoluzione nel mondo dell’integrazione (o, meglio, come tiene a precisare il manager, nel mondo della “cooperazione applicativa”). I Web service, infatti, dovrebbero costituire l’Esperanto, la lingua franca che permetterà di far parlare tra loro le applicazioni di terze parti in un ambiente realmente aperto.
Tre i pilastri della nuova filosofia di Bea, un approccio che tende a favorire le “transazioni”, ovvero il cablaggio delle applicazioni di e-business dei diversi vendor. Il primo, sul lato delle applicazioni, è rappresentato da WebLogic Server 6.1. Si tratta di un motore transazionale che, automaticamente, è in grado di convertire applicazioni Enterprise java beans (Ejb) o Java 2 enterprise edition (J2ee) in Web service. In questo modo, vengono di fatto standardizzati i meccanismi di integrazione e scambio dati tra gli applicativi prodotti da terze parti. Gli sviluppatori dovranno semplicemente scrivere applicazioni basate su Ejb e WebLogic Server 6.1, automaticamente, sarà in grado di aggiungere alle applicazioni le interfacce standard come Soap e Wsdl. In questo modo, un Java Bean potrà essere pubblicato sul Web come un vero e proprio servizio, che potrà essere richiamato e fruito online. Il secondo pilastro del Portal Framework di Bea è WebLogic Portal 4.0. Si tratta di un motore per la configurazione dinamica dei diversi canali di un portale (come il Crm, la content delivery ecc.), che possono così essere visti come un unico portale virtuale. Il terzo cardine è WebLogic Integration, un framework di integrazione che rende possibile la cooperazione delle diverse applicazioni e la gestione dei processi aziendali.
Tutte le soluzioni WebLogic di Bea Systems supportano i più diffusi protocolli di scambio dati per il mondo Web come Uddi, Wsdl, Soap ed EbXml. “Tutte queste novità vanno nella stessa direzione– tiene a precisare Mauro Solimene – ovvero quella di un approccio, tipico di Bea, che mira a creare e gestire una infrastruttura aperta a supporto dei portali. Proprio in quest’ottica abbiamo inserito nella nuova versione di WebLogic Server i motori di content management, knowledge management e profiling frutto di accordi strategici con Vignette, BroadVision e altri player”.