A Roma la vicepresidente della Commissione europea con responsabilità sull’Agenda Digitale parla di innovazione e di obiettivi. Il ritardo nella banda larga vale tra 1 e 1,5 punti di Pil.
Intervenendo a Roma all’Italian Digital Agenda Annual Forum organizzato da Confindustria Digitale, la vicepresidente della Commissione europea con responsabilità sull’Agenda Digitale, Neelie Kroes ha esordito dicendo che investire in Ict paga. La riprova è che metà della crescita europea è già rappresentata dalla tecnologia.
Ma prima di tutto servono competenze digitali. Kroes ha citato la previsione rilasciata nei giorni scorsi: nel 2015 in Europa ci sarà bisogno di 700mila professionisti Ict, che ora non ci sono. E questa è una prospettiva, anche per l’Italia.
Da qui il primo, caldo, consiglio: investire nel fare degli italiani un popolo che vive di digitale.
Concatenati ci sono i temi del mercato unico digitale, da creare, e della banda larga ad alta velocità per tutti.
E qui l’Italia, per il Commissario, è indietro: la copertura broadband e la penetrazione sono deficitari rispetto a quelle di paesi come Germania e Francia. Un ritardo che per Kroes vale fra 1 e 1,5 punti di Pil.
La tanto citata attenzione all’innovazione arriva come derivato.
L’investimento in Ict serve a rendere l’Europa, e l’Italia con essa, un posto attraente per gli investimenti, capace di contendersela con paesi come l’India o con distretti come la Silicon Valley.
Per queste considerazioni Kroes ha espresso compiacimento per la posizione del Governo italiano che ha portato alla costituzione di un’Agenda Digitale in linea con quella europea.
Funzionali al raggiungimento degli obiettivi, secondo Kroes, ci sono quattro azioni, di valore generale.
La prima riguarda il finanziamento della ricerca e innovazione Ict, con oltre mille progetti del valore complessivo di mezzo miliardo di euro.
E la proposta per la prossima generazione di finanziamento è Horizon 2020, un complesso di iniziative che hanno come finalità l’applicazione della ricerca alla vita dei cittadini.
Con Horizon 2020, di fatto, sarà creata una European Research Area.
In seconda battuta serve un mercato Telco corerente, capace di completare il mercato interno delle comunicazioni elettroniche, che può contribuire all’Ue nella misura dello 0,8% del Pil (110 miliardi di euro).
In questo un ruolo lo avranno le autorità nazionali, chiamate alla trasparenza e a un’azione in favore del mercato.
Terzo: attrarre il settore privato nei progetti sulla banda larga. Spetta al progetto Connecting Europe Facility dare quelle garanzie che gli investimenti privati necessitano e anche per togliere dal campo qualsiasi alibi all’inazione.
Infine serve avere tutti i cittadini online e pertanto serve avere “un campione digitale” in ogni paese. Qualcuno che si adoperi con il pubblico e il privato per portare la rivoluzione digitale a tutti i cittadini. C’è già nel Regno Unito e in Romania. Per Kroes può funzionare benissimo anche in Italia.