La vicepresidente della Commissione europea coglie nel segno l’Internet delle cose e invita all’azione. In primis, la Pa.
Parlando a Potsdam, in Germania, all’Ipv6 Summit, la vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroes ha perorato con calore la causa del passaggio a Ipv6, identificandolo come elemento abilitante il percorso di innovazione e crescita sotteso dall’Agenda digitale.
Parlando a una platea evidentemente interessata e amica, ha ricordato come fra gli obiettivi della Commissione ci sia quello di dare a tutti i cittadini europei entro il 2020 una connessione di almento 30 Mbps, con almeno la metà frutori di accesso a 100 Mbit.
Ha aggiunto anche altre constatazioni: un europeo su tre utilizza un telefono mobile come fosse un computer, e stanno emergendo la comunicazione machine-to-machine e una generica Internet delle cose, che farà sì che ogni cittadino abbia la necessità di disporre di più indirizzi Ip.
Ergo, per Kroes, il passaggio a Ipv6, preso atto dell’esaurimento degli indirizzi Ipv4, non è tanto dietro l’angolo, quanto adesso.
Così dicendo la Commissaria con delega per l’Agenda digitale si è rammaricata della lentezza con cui si sta verificando il passaggio in Europa e si è complimentata con chi ha già preso una posizione inequivocabile, come alcuni provider tedeschi e come la stessa Commissione, che dall’Ipv6 day di giugno ha il proprio sito Web su Ipv6.
In tal senso, ha invocato un impegno da parte delle autorità pubbliche europee a fare altrettanto e in tempi brevi.