La campana di Basilea2 suona per le Pmi

Sorde ai richiami della nuova normativa le piccole e medie imprese di casa nostra secondo un recente studio, ne percepiscono di più gli aspetti statici che quelli dinamici

Maggio 2005, Piaccia o no, il primo sentimento che desta Basilea2
nelle Pmi italiane è di preoccupazione. Sono ancora in poche a cogliere
le potenzialità che potrebbero derivare dal controllare meglio il rischio
nelle relazioni di credito attraverso una dettagliata e continuativa analisi
delle proprie capacità finanziarie. Ma è una rivoluzione che molte
Pmi, più inclini a fare le proprie confidenze al commercialista di fiducia,
piuttosto che al personale in banca, non sono ancora pronte a cogliere. Il punto,
però, è che Basilea2 è realtà: «Saremo
tutti valutati prima o poi, ed entrare in graduatoria è uno dei trend
in atto»
. A dirlo è Vincenzo Perrone, direttore
dell’Istituto di organizzazione e sistemi informativi (Iosi) dell’Università
Bocconi di Milano, che ha dedicato un focus sugli impatti della normativa europea
sulle aziende nostrane e sul modo in cui, queste stesse, utilizzano i sistemi
informativi per rispondere ai cambiamenti.
«La sintesi del lavoro svolto – osserva Perrone durante la presentazione
avvenuta al recente SapForum – è che Basilea2 ha messo in luce il
bisogno di lavorare in maniera diversa con le banche. Da una parte, le imprese
devono produrre un nuovo sistema di reporting e realizzare una nuova struttura
comunicativa. Dall’altra, gli istituti di credito devono lavorare con l’impresa
migliorando la sua conoscenza in qualità di cliente, per valutare correttamente
l’attendibilità dei dati prospettici»
. Il problema, però,
è che nell’analizzare il grado di prontezza e preparazione allo "stimolo"
Basilea2, le aziende italiane «sono in ritardo e non hanno ben valutato
gli effetti della nuova normativa sui propri sistemi informativi aziendali.
Quel che è peggio, poi, è che esiste una resistenza negli investimenti
necessari nelle relazioni con i nuovi interlocutori»
.
Non a caso, le Pmi sembrano aver percepito di più gli aspetti statici,
rispetto a quelli dinamici. Ossia, secondo lo studio condotto dallo Iosi, dichiarano
di ricorrere con regolarità a bilanci preventivi anche infra annuali,
ritengono di avere un sistema di reporting gestionale affidabile e dispongono
di un archivio storico di tutti i loro dati contabili e finanziari. Per contro,
investono ancora poco sugli applicativi esistenti per intervenire sulle procedure
connesse alla gestione e alla comunicazione dei dati, sia interna che esterna,
e sono deficitarie nella definizione delle risorse umane dedicate.

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