Cresce senza sosta il supporto italiano alla programmazione nata nel mondo Sun. Quest’anno i visitatori dell’edizione romana sono stati oltre 1.600.
I locali della facoltà d’ingegneria della Terza Università di Roma hanno ospitato il JavaDay 2010, una manifestazione dalle dimensioni rilevanti sia in termini tecnici, sia in termini di partecipazione.
Particolarmente piacevole sin dal visual promozionale, anche quest’anno la Javaday Equation: 40 guru, 6 ore, 36 talk, 17 aziende e il tuo curriculum sono addendi e fattori di una grande community che quest’anno ha registrato ben 1.650 visitatori.
Era questa la quarta edizione romana, ma la prima successiva alla ratificazione della acquisizione tra Oracle e Sun, che tanta curiosità ma anche apprensione sta generando nelle comunità degli sviluppatori. Se il futuro di MySql è ancora piuttosto nebuloso, diversa è la situazione per Java, definito dal CEO Larry Ellison “un gioiello della Corona dal quale sappiamo come trarre business” . Lunga è la lista degli sponsor, che comprende IBM, Red Hat, Sun, Capgemini, ma anche la svizzera Day e l’italiana Gpa. Sony Ericsson ha sfruttato il numerosissimo pubblico, superiore anche ai 1.400 visitatori attesi- per mostrare Xperia X10, il primo smartphone a montare la piattaforma UX (User Experience) a base Android; Karl-Johan Dahlström, Application Acquisition Manager dell’azienda, ha presentato in anteprima in Italia un progetto dedicato alla community internazionale degli sviluppatori.
E’ qui la festa?
Oggi Java ha una parte importante nel presente dei dispositivi mobili. Quando fu lanciato, nel lontano 1990, Java si ripropose di cambiare la faccia delle applicazioni, creando un nuovo mondo di compatibilità rispetto alla precedente frammentazione. Quella spinta continua ancor oggi, tanto che la giornata romana è stata promossa con il sottotitolo “a day in a different universe”, in tutto avvicinandosi alla space opera di Guerre Stellari. La ricchezza del programma e la sua strategia di avvicinamento al mondo del lavoro è sempre più riuscita, come dimostra il concorso dedicato alle tesi -con sei premi da mille euro ciascuno- la possibilità di presentare curriculum direttamente alle aziende e la stessa generazione del programma tramite “call for paper” pubblica.
La storia del nome “java” è piuttosto semplice: negli States è un tipo di caffé (come indica il logo, a sua volta preceduto da Mocha). Ma in francese vuol dire “festa”, e forse questa piattaforma è stata proprio una festa; rispetto al C o al C++, per i programmatori è stato come andare in un altro universo.