La fucina di uomini

A pesca nel laghetto di Segrate.

20 maggio 2004 E’ con simpatia che commentiamo la nomina di Elio
Catania a manager destinato a reggere le sorti delle ferrovie nazionali.

Così, dopo che il suo predecessore Cimoli potrà dedicarsi a far arrivare gli
aerei Alitalia in ritardo, spereremo di evitare di dire “quando c’era lui…in
Ibm”.
Pare proprio che essere stati ai vertici della Big Blue nazionale sia
una credenziale di successo e decisiva, quasi una condizione necessaria e
sufficiente, per ricoprire un ruolo di alto profilo pubblico (è vero che
Trenitalia ora ragiona come un’azienda privata, ma sempre di servizio pubblico
si tratta).
Prima di lui un altro ex di Ibm, Lucio Stanca, si è seduto sulla
scomoda poltrona del Ministro per l’Innovazione.
Scomoda perché pare essere
causa di sordità negli astanti: il ministro parla, predica, chiede, ma, da
quello che si evince dal comportamento dei partecipanti il gabinetto del
consiglio, di supporto ne riceve poco.
Catania e Stanca, senz’altro, sono il
lampante esempio di come si ricorra al manager privato per ricoprire mansioni in
ambito pubblico.
Ma è proprio quel privato che fa la differenza.
Ibm è
si un’azienda, ma è come se fosse una repubblica democratica, con un proprio
governo e con le proprie istanze da assolvere nei confronti della propria
popolazione.
Che non è fatta solo di dipendenti, ma anche di partner.
E
di clienti.
C’è stato un periodo, che non rimpiangiamo, in cui il
management, anche pubblico, usava essere pescato nel laghetto dei discepoli di
McKinsey.
Dovesse instaurarsi il circolo virtuoso della pesca nel bacino di
Segrate, noi ne saremmo più contenti.
Per il bene della cosa pubblica.

Parere personale

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