La tecnologia, passione e minaccia

In un momento di transizione, modelli già noti e innovativi tendono a convivere, ma la supremazia dell’uno o dell’altro molto dipende dalle capacità organizzative dell’azienda e dalle persone che si occupano di It. Impiegare paradigmi vecchi per approc …

In un momento di transizione, modelli già noti e innovativi tendono
a convivere, ma la supremazia dell’uno o dell’altro molto dipende
dalle capacità organizzative dell’azienda e dalle persone che si
occupano di It. Impiegare paradigmi vecchi per approcci nuovi può diventare
pericoloso ed è il Cio che deve schierare, oltre a una buona dose di
denaro (condizione basilare per muovere qualsiasi passo), la propria curiosità
intellettuale al fine di scoprire le potenzialità degli strumenti It
e decidere se e quando pianificare un progetto. E con le Soa, la via è
aperta, bisogna solo prendere le misure e considerarle un’opportunità
per gestire il cambiamento dei processi, senza temere che la loro standardizzazione
e frammentazione indeboliscano il ruolo del responsabile dei sistemi. Il rischio,
paventato da alcuni, infatti, è che l’It perda la sua aura di intoccabilità
e che quella del Cio possa addirittura essere una funzione destinata a sparire,
che il rapporto con i partner venga gestito dal business o, addirittura, non
basarsi sui progetti It.

I processi non più centralizzati potrebbero far perdere parte del controllo
all’Edp manager, ma, come sostenuto da Giancarlo Capitani, amministratore
delegato di NetConsulting, che ha partecipato alla discussione organizzata da
TechEdge sul tema delle Soa, si tratta di una situazione remota, visto che,
attualmente, i processi sono ancora strutturati e il business è uno spettatore
coinvolto nella costruzione dei servizi ma non dal punto di vista dell’infrastruttura,
ancora saldamente nelle mani del Cio. Quest’ultimo, per Arrigo Andreoni,
presidente del Club Ti di Milano, deve «avere ben chiaro dove pulsa
il mal di pancia del business e comprendere che alcune tematiche innovative
possono portare lontano
». Si pone, però, il dubbio se sarà
proprio il Cio a rappresentare il process composer del futuro. Probabilmente,
tra i due litiganti (It e business), saranno le società di servizi a
emergere, sopperendo al passaggio di molti responsabili dei sistemi al di là
della barricata. Tuttavia, come ha osservato Giorgio Colonna di Zoppas, i Cio
«sono la coscienza critica dell’azienda» e, come tali, non
devono costruire i servizi (che strategicamente spettano al business) ma garantire
che questi rispondano nel minor tempo possibile. Certo, è necessario
costituire un centro di competenza per indirizzare i vari ambiti in cui le Soa
si indirizzano, visto che l’interazione con l’utente assume una
dimensione progettuale.

«Non siedo nel board – ha spiegato Maurizio Galli di Mediaset,
che ha animato l’evento di TechEdge e quello di Reply-Oracle sulla Business
integration – ma ho una visione ottimistica sul futuro dell’It manager,
colui che conosce i processi e la loro integrazione, persona naturalmente predisposta
al cambiamento, competente e credibile. Anche con l’affermazione delle
Soa, le cose non cambieranno e, comunque, siamo talmente all’inizio del
percorso che è difficile dare giudizi». Dello stesso parere è
Paolo Sassi, Cio di Osram, che ha sottolineato come «la vera difficoltà
sta nel trovare le competenze e la sfida, per recuperare la flessibilità
che il management chiede, è di riportare la tecnologia a un ruolo centrale.
Il resto verrà da solo
».

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