I broadcaster italiani si fanno la guerra su decoder e piattaforme. Gli utenti vorrebbero invece sistemi sempre più compatibili
Ci sono tante idee e molte dichiarazioni, ma nessun progetto chiaro per il passaggio alla Tv digitale in Italia. Per il momento solo qualche provocazione tra offerta in chiaro e a pagamento. Come quella del vicepresidente di Mediaset, Piersilvio Berlusconi, raccolta dal Corriere della Sera: «Sky è una Tv per pochi e ricchi». Rupert Murdoch ha risposto che a lui gli affari nel Belpaese vanno bene e non vede pericoli. La ribattuta di Berlusconi Jr. sembra un trattato sui consumi televisivi del popolo italiano: «Sky può essere vista da 4,7 milioni di famiglie italiane su un totale di 24. A volte le élite scambiano le proprie abitudini e i propri consumi come fossero quelli di tutti. Ma non è così».
Decoder unico, un rebus per le due piattaforme
Chi ha riportato nell’attualità la questione del decoder unico è stato Marco Crispino di Conto Tv, l’altra pay-tv satellitare che trasmette Calcio e programmi a luci rosse sul satellite. «Finalmente ci avviciniamo alla resa dei conti – ha detto il presidente di Conto Tv -. La nostra smart card non funziona nel decoder Sky che legge solo le sue. Per questo motivo abbiamo chiesto di raggiungere un accordo di simulcrypt reciproco che avrebbe consentito ai clienti Sky di fruire con un solo decoder anche delle nostre offerte e viceversa ai nostri clienti di vedere con il nostro decoder le offerte di Sky». Alla luce della diatriba sul tavolo dell’Agcom proviamo a immaginare lo scenario peggiore per gli spettatori: Rai e Mediaset tolgono i canali generalisti e tematici in chiaro dalla piattaforma di Sky e li tengono in esclusiva sulla neonata TivùSat.
La necessità di mercati aperti
Cosa fare per vederli via satellite nelle zone non raggiunte dal segnale analogico o Digitale terrestre? L’unica soluzione, al momento, è di ipotizzare l’installazione di due decoder: quello Sky e quello TivùSat. Senza dimenticare che è sempre possibile aggiungere anche un box per il solo Digitale terrestre e sintonizzare i canali locali già disponibili con lo standard Dtt. Risultato: torna in auge la questione decoder “unico” che possa sostituire una selva di apparecchi e un consistente esborso per assicurarsi l’hardware necessario. Un mercato così, che già ai tempi di Tele+ e Stream fallì, può reggere? È opinione diffusa tra gli analisti del mercato delle telecomunicazioni che i broadcaster della Tv a pagamento si trovino davanti a un bivio strategico per la loro sopravvivenza. Devono ripensare come rendere i loro servizi televisivi più attinenti con le richieste dei clienti. Magari creando mercati aperti e orizzontali, senza i limiti e gli steccati rappresentati da standard di criptaggio differenti.
Un esempio su cui riflettere
Un esempio può illustrare due modelli di business, spiegando i motivi del boom della telefonia cellulare e lo sboom che potrebbe travolgere la pay-tv. Nati a metà degli anni Settanta, i due mercati hanno vissuto esperienze contrapposte: il numero di telefonini nel mondo presto arriverà a quota tre miliardi con una penetrazione del 50%; la pay-tv ha accumulato nello stesso periodo 150 milioni di clienti con una penetrazione del 5% del numero di case con una televisione. Come mai? Gli operatori della telefonia mobile hanno sfruttato la rete Gps lasciando ai produttori la realizzazione di cellulari e sfidandosi sulla distribuzione di sim card e la copertura del segnale.
Addio all’hardware
La chiave del successo è stato liberarsi della gestione dell’hardware: il telefonino è uguale per tutti gli operatori, la concorrenza è sul traffico voce e dati. I costi per i clienti si sono abbassati esponenzialmente e gli affari sono cresciuti. La telefonia mobile è oggi una realtà che ha sorpassato il vecchio telefono di casa. Lezione preziosa per i broadcast di pay-tv, che sono da sempre “gelosi” del proprio decoder e sprecano risorse importanti solo per piazzare il loro box nelle case dei clienti. A ruota, ma solo dopo, arriva l’offerta di contenuti. Un decoder “unico” multipiattaforma, un sistema di criptaggio sicuro e comune per tutti e sistemi interattivi basati su una stessa tecnologia: forse così sarebbe più facile parlare di un boom di abbonamenti alla Tv a pagamento, con minori costi e più soddisfazione per i clienti. Altrimenti la “vecchia Tv” resisterà come baluardo estremo contro le speculazioni dei nuovi operatori televisivi.