Conoscere a dovere i processi aziendali quale premessa fondamentale per aumentarne l’efficienza è un approccio scontato probabilmente solo per chi non ha mai dovuto occuparsene. Stratificazione e complessità, nel tempo portano facilmente a una materiale impossibilità per le capacità umane di inquadrare una situazione in dettaglio e comprendere di conseguenza come agire. «Tenere ordine nei processi è uno dei maggiori problemi delle aziende – conferma Giorgio Anselmi, Principal Automation Technical Specialist Manager di IBM –. Per superare questa situazione abbiamo pensato a un approccio end-to-end partendo da una fase di process mining come parte di un’attività più ampia di process documentation, per creare una sorta di catalogo dei processi aziendali sui quali riuscire a intervenire».
Intorno a un portale aziendale dedicato, IBM intende raccogliere tutte le informazioni necessarie a inquadrare ogni dettaglio su come si regolino i processi. Molto di più di un sistema di analisi; si parla infatti di formalizzare descrizioni delle regole e attori con relativi raggi d’azione. Al tempo stesso, pronto a trasformarsi in una preziosa fonte di informazioni sui processi. «Spesso ci troviamo in situazioni dove non c’è un’effettiva conoscenza – ribadisce Anselmi -. O nella migliore delle ipotesi, informazioni note solo a grandi linee con un percorso a volte solo ipotizzato».
Conoscere prima di intervenire
Da qui, la necessità di offrire un supporto adeguato, importante soprattutto come base di indicazioni sulle quali intervenire in una seguente fase di ottimizzazione. Compito di uno strumento di process mining è proprio analizzare i processi, attingendo a tutte le fonti possibili. Dagli archivi e dal relativo uso da parte delle applicazioni, fino all’analisi dei desktop. Con il consenso degli utenti, è infatti possibile sfruttare un agente di task mining per seguire i vari passaggi di un compito, registrandone ambienti, tempi e risultati. Questa modalità di analisi è particolarmente utile quando il compito richiede l’utilizzo di applicativi eterogenei al di fuori di un ambiente controllato, come scrittura di documenti o invio di e-mail. Raccogliendo e analizzando i dati di log trasmessi al server, la tecnologia IBM permette di ricostruire il relativo processo di business.
«Il process mining permette di ottenere una visione univoca di un processo, a prescindere sia svolto da persone o strumenti. Una visione molto più ampia e concreta. Normalmente, le attività manuali non sono inserite in un sistema di processo, aggiungerle è un passo importante», sottolinea Anselmi.
L’automazione, un alleato prezioso
Passare a una fase di raccolta delle informazioni il più possibile automatizzata e diffusa significa migliorare la business automation, oggi diventata indispensabile. Dietro i timori infondati di ridurre l’esigenza di competenze manuali, si rivela infatti la possibilità di sfruttare meglio le singole risorse, liberandole da operazioni ripetitive o a rischio errore. Inoltre, una risposta al problema ormai consolidato della carenza di competenze. «Parliamo di uno strumento di supporto, eventualmente lanciato dallo stesso utente nel momento in cui serve, per aiutarlo nel svolgere un lavoro».
Da non sottovalutare anche le implicazioni nella regolamentazione della privacy. In questo modo è infatti possibile verificare chi accede alle informazioni, i relativi permessi e seguire il percorso effettuato dai dati.
La digitalizzazione delle operazioni passa in sostanza dalla digitalizzazione dei processi. Dai singoli task, è però necessario passare una visuale di insieme, dove sicuramente la situazione è più complessa. Si tratta infatti di intervenire sulle applicazioni aziendali, nel rispetto di pratiche e policy consolidate. «Cerchiamo di mantenere un approccio molto aperto. Mettiamo a disposizione strumenti orientati sia all’application development sia al coding vero e proprio».
Due soluzioni rivolte a raggiungere lo stesso risultato seguendo strade diverse, a seconda delle strategie, delle competenze disponibili o semplicemente delle preferenze. Anche nelle aziende più organizzate infatti, non tutti hanno un marcata propensione allo sviluppo interno. La diffusione del low-code è ormai una realtà, e tra l’altro favorisce anche il contributo diretto di chi è più orientato alle funzioni business.
«In ogni caso, non si parla di una decisione definitiva. Le due opzioni possono tranquillamente colloquiare e interagire. Un servizio sviluppato in una modalità può invocarne uno dell’altra e viceversa. Diventando di fatto un sottoinsieme delle funzionalità utilizzate».
L’uniformità apre le porte all’efficienza
Dal punto di vista dei processi aziendali però, tutto questo interessa relativamente. A contare veramente è l’impatto risultante in termini di automazione e quindi di efficienza. A partire dal garantire l’uniformità, scongiurando il rischio di vedere regole applicate diversamente a seconda del dipartimento, con conseguente difformità nelle relative decisioni.
Il catalogo dei possibili esempi è particolarmente ricco e variegato. Si parte dallo sconto applicabile a una vendita o a un preventivo o variazioni di prezzo legate alle quantità acquistate. Nell’ambito finanziario, una procedura più rigorosa e sicura per valutare il rischio legato a un cliente, ma anche le garanzie di agire in linea con le norme antiriciclaggio.
Alle spalle di tutto questo, una visione oggi forse meno nota di intelligenza artificiale, ma in realtà esattamente mirata a quello per cui è stata sviluppata in origine, fornire assistenza e supporto durante una mansione, automatizzando dove possibile al fine di migliorare efficienza e riducendo il rischio di errori, agendo sulla base di una base dati incrementale nel tempo.
Dalle parti di IBM, altro non è se non il progetto watsonx, avviato da tempo e oggi arrivato a permettere di passare da un approccio passivo dell’utente, in attesa di istruzioni, a uno invece attivo, dove si possa contare su un sistema conversazionale per avere supporto durante il proprio lavoro.
«Pensiamo alla preparazione di un’offerta di acquisto. Watsonx Orchestrate può andare in autonomia a recuperare le informazioni sul cliente, oppure chiedere all’operatore di inserirle, per andare subito dopo ad aggiornare l’anagrafica e nel frattempo recuperare i dettagli, interrogando l’ERP, per arrivare a predisporre l’offerta già pronta da inviare. Eventualmente, procedendo direttamente in autonomia».
Un traguardo tanto più raggiungibile quanto più sarà completa la comprensione dei processi. Per agevolare l’operazione, watsonx Orchestrate mette a disposizione anche una serie di Skill predefinite. Moduli per procedure standard pronte per l’uso e integrabili con i sistemi aziendali. Dalla gestione di mail, messaggi e file, fino al personale, passando per le comuni attività quotidiane di un team.
«L’aspetto innovativo di watsonx Orchestrate è anche nel mettere a disposizione un’interfaccia utente unificata – conclude Giorgio Anselmi -. Permette di svolgere tutte le attività senza dover passare continuamente da un’applicazione a un’altra, con un meccanismo conversazionale, anche molto naturale e per il quale è sufficiente una formazione minima».