Secondo la classifica “Cool It Challenge” di Greenpeace le multinazionali dovrebbero impegnarsi di più sul piano politico
Cisco rimpiazza Ibm al vertice della speciale classifica di Greenpeace “Cool It Challenge”, che prende in esame gli sforzi compiuti dalle maggiori aziende dell’Information technology nella lotta al cambiamento climatico. Secondo l’associazione ambientalista l’adozione di soluzioni Ict in cinque settori – edile, trasporto, produttivo, energetico e nei servizi di dematerializzazione – potrebbe infatti ridurre del 15% entro il 2020 le emissioni globali. La classifica Cool It si basa sull’analisi di tre aree chiave: l’impegno nel promuovere soluzioni tecnologiche a favore del clima su vasta scala in grado di contribuire alla riduzione dei gas serra; le iniziative per ridurre le proprie emissioni a livello globale; il coinvolgimento attivo nell’arena politica e il sostegno all’energia pulita.
Il trionfo di Cisco
Sulla base di questi criteri Cisco ha sostituito Ibm al vertice della classifica, con un punteggio di 62/100, soprattutto grazie all’impatto delle proprie soluzioni in termini di riduzione dei consumi energetici. Secondo Greenpeace Cisco sta velocemente sviluppando prodotti e servizi intelligenti (smart grid products and services) che renderanno la gestione dell’energia più efficace. Allo stesso tempo la compagnia americana sta giocando un ruolo centrale nello sviluppo di standard e strumenti che costituiscono la spina dorsale di Internet e spera di giocare un ruolo centrale nella creazione di un “network” di energia. Cisco è inoltre considerata una delle aziende più attive e leader nei dibattiti politici su clima e energia, in particolare nell’Unione europea.
Ericsson medaglia d’argento
Al secondo posto si piazza la società svedese Ericsson (53/100) grazie alla forza delle sue soluzioni applicate in casi-studio e della metodologia per la misurazione della riduzione di emissioni da strutture mobili. Ericsson è ritenuta in grado di migliorare le tecnologie di comunicazione mobile grazie a modelli a basso impatto, spendibili anche in altri settori. Ibm scivola invece in questa edizione al terzo posto (42/100) perché, «nonostante l’accesso agli alti livelli della politica, in particolare all’amministrazione Obama degli Stati Uniti, né l’amministratore delegato, Sam Palmisano, né tutta la macchina lobbista di Ibm sono riusciti a diffondere le proprie soluzioni It necessarie a guidare almeno in parte la trasformazione economica», si legge nel rapporto. Inoltre Greenpeace è preoccupata dei piani di investimento dichiarati da Ibm sul cloud computing, che potrebbero comportare un aumento del consumo di elettricità.
Google in ritardo
In quarta e quinta posizione si trovano Hp e Fujitsu, mentre il gigante della rete Google ottiene soltanto il sesto posto della classifica (33/100). Sotto accusa finisce il modello di business della compagnia di Mountain View, che richiede data center grandi ed energivori. La crescita esplosiva di Google attraverso Gmail, YouTube e la sua recente libreria online, rischia infatti di aumentare notevolmente le emissioni ed incrementare la domanda di carbone e altri combustibili fossili. In positivo Google è apprezzata per il suo impegno nella richiesta di cambiamenti nelle politiche governative verso fonti di elettricità a basso impatto ambientale, incluso il supporto all’energia rinnovabile e a standard di efficienza energetica.
Microsoft paga il cloud
Microsoft è invece settima: l’associazione ecologista riconosce al gigante di Redmond di aver speso molte energie e risorse nelle campagne politiche, senza però aver mai assunto un vero ruolo di leadership, nonostante la sua influenza. Un piccolo contributo è stato dato durante le negoziazioni sul clima delle Nazioni Unite in vista di Copenhagen lo scorso anno. Inoltre, anche se la compagnia ha sempre avuto una bassa impronta ecologica grazie alla strategia di aggiornamento del software, il rapido passaggio a soluzioni software basate sul cloud computing, in competizione con Google, potrebbe comportare un innalzamento sostanziale delle emissioni.
Toshiba sotto accusa
Seguono poi nella classifica molti nomi noti dell’Ict; in particolare Greenpeace è molto dura con Toshiba: “Non può pretendere di essere considerato un leader sul clima quando continua a produrre componenti per i generatori delle centrali nucleari e sta progettando un nuovo reattore nucleare ABWR (Advanced Boiling Water Reactor)”, mentre chiede più coraggio sul piano della pressione politica ad aziende come Sharp, Sony e Panasonic.