Ma i Cio sono ancora lontani per poterne cogliere tutte le potenzialità
ll settore della Sanità rappresenta un contesto particolarmente interessante per l’applicazione strategica dell’Ict, che costituisce una possibile risposta ad alcune tra le principali sfide del settore: razionalizzazione degli iter gestionali e amministrativi; miglioramento della qualità dei processi clinici e sanitari; raggiungimento di elevati livelli di continuità assistenziale.
In questo scenario, le tecnologie possono costituire, se ben capite e integrate, una leva fondamentale per abilitare il miglioramento e l’innovazione.
Da qui l’importanza che, al pari di quanto sta avvenendo in altri settori, dovrebbero assumere i Cio.
Una prospettiva da cui, in molti casi, si è ancora lontani, come rileva l’Osservatorio Ict & Cio in Sanità (progetto di ricerca avviato dalla School of Management del Politecnico di Milano, con la collaborazione di Aisis (Associazione italiana sistemi informativi in sanità) , Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) e Aiop Giovani (Associazione italiana ospedaliera privata), che ha presentato i risultati di una ricerca mirante ad approfondire i trend di sviluppo nonché il ruolo dell’It manager.
Dallo studio, che ha coinvolto oltre 140 strutture sanitarie attraverso survey, studi di caso e interviste dirette a Cio, direttori generali e sanitari delle principali realtà operanti nel nostro Paese, emerge una situazione in divenire, con una disomogeneità che si riscontra nella denominazione delle direzioni Ict stesse, nel posizionamento formale dei Chief information officer in termini di organigramma e nel grado di partecipazione ai principali comitati executive.
La responsabilità attribuita ai responsabili dei sistemi informativi, poi, si concentra prevalentemente sugli ambienti infrastrutturali e gestionali-amministrativi, mentre è parziale sugli applicativi sanitari. I Cio si percepiscono, in generale, troppo impegnati in attività operative ed esprimono l’esigenza di dedicarsi maggiormente al coordinamento con le altre aree e alla formazione. Anche i fornitori, che potrebbero apportare capacità e competenze per l’innovazione, vengono in realtà visti come scarsamente proattivi.
Si rischia una situazione nella quale il Chief information officer viene a trovarsi isolato in un ruolo che percepisce come sottovalutato, sentendosi ostacolato oltre che da oggettivi vincoli burocratici, anche da gap culturali.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di far leva su una propria crescita di competenze sanitarie e di capacità relazionali, per passare da una logica di governance verticale (in cui ci si concentra sui rapporti gerarchici con le direzioni, interpretando un ruolo prettamente infrastrutturale e gestionale), a una orizzontale, in cui l’attenzione viene rivolta anche al core business sanitario, dimostrando i vantaggi potenziali che possono derivare da un’innovazione tecnologica a livello di sistema e non di singola attività.ma.dr.