Ciao a tutti! Sono Vincenzo Lomonaco ricercatore all’Università di Pisa.
Nella puntata di oggi parliamo di un tema molto interessante, futuristico, nel contesto dell’intelligenza artificiale: è possibile creare una copia digitale di noi stessi? Quanto di tutto ciò è davvero possibile o fa parte di pura speculazione o finzione narrativa? E quanto e come gli strumenti di intelligenza artificiale odierni possono contribuire in tal senso? Scopriamolo insieme in questa puntata di Le Voci dell’AI.
Il concetto di mind uploading, ovvero il trasferimento della personalità di un individuo in un computer, rappresenta una delle idee più affascinanti e controverse esplorate nella fantascienza.
A differenza del trasferimento della coscienza da un corpo umano a un altro, il mind uploading prevede la digitalizzazione completa del cervello umano, trasformando i processi mentali in un software che può essere eseguito su un hardware computazionale.
Questa idea può essere intesa anche come una metodologia alternativa alla creazione di un’intelligenza artificiale, uno dei temi più battuti nel contesto della nostra rubrica Le Voci dell’AI, oltre che una sfida per la comprensione attuale dei concetti di coscienza e di identità.
In molte opere di fantascienza, il mind uploading, utilizzato come strumento per esplorare il concetto di immortalità digitale, un individuo, o in alcuni casi un’intera società, può essere trasferito in un ambiente virtuale potenzialmente eterno, dove le leggi della fisica e della biologia non sono più applicabili.
Tuttavia, questa condizione di immortalità non è priva di problemi.
Una delle domande più importanti e ricorrenti è se la mente digitalizzata mantenga realmente la sua coscienza digitale o se sia semplicemente una replica sofisticata priva di una vera consapevolezza.
La questione dell’identità, quindi, diventa centrale.
Il sé caricato in un computer è ancora lo stesso individuo o è una nuova entità con ricordi e le personalità della persona originale ma priva del suo vero essere? Questo tema è spesso esplorato nel genere cyberpunk, dove la fusione tra uomo e macchina e la possibilità di superare i propri limiti biologici sono questioni di primaria importanza.
In questi racconti il mind uploading può essere visto sia come una liberazione dalla mortalità, sia come una forma di schiavitù in cui l’anima dell’individuo è intrappolata in una prigione digitale senza via d’uscita.
Tecnicamente, uno dei principali ostacoli al concetto futuristico del mind uploading è rappresentato dall’impossibilità di scannerizzare completamente un cervello umano.
Le tecniche di brain imaging sono strumenti fondamentali per lo studio del cervello e del suo funzionamento.
Queste tecniche permettono di visualizzare, fare e analizzare l’attività cerebrale in vivo, offrendo una finestra senza precedenti sulla struttura e le funzioni del cervello umano.
Tra le tecniche più comuni vi sono la risonanza magnetica funzionale, FMRI, che misura i cambiamenti del flusso sanguigno cerebrale associato all’attività neuronale e la tomografia a emissione di positroni, la PET, che rileva l’attività metabolica delle cellule cerebrali utilizzando traccianti radioattivi.
Altre tecniche come l’elettroencefalografia, EEG e la magnetoencefalografia, MEG, registrano l’attività elettrica e magnetica del cervello, offrendo una risoluzione temporale molto elevata.
Oltre a queste, la risonanza magnetica strutturale, MRI, fornisce immagini dettagliate della morfologia del cervello, permettendo di studiare i cambiamenti strutturali legati a malattie neurodegenerative o a traumi celebrali.
Le tecniche di brain imaging sono infatti cruciali non solo per la ricerca neuroscientifica, per l’intelligenza artificiale, ma oggi soprattutto per la diagnosi e il monitoraggio di disturbi neurologici e psichiatrici, contribuendo in modo significativo al progresso della medicina e della comprensione delle basi biologiche della mente umana.
In questa immagine vediamo come differenti tecniche più o meno invasive, come l’EEG o la PET e infine la FMRI, abbiano una differente risoluzione in termini spaziali e temporali.
Sull’asse delle ascisse abbiamo il tempo in secondi, sempre su scala logaritmica, mentre sull’asse delle ordinate la dimensione in millimetri.
Ad esempio vediamo come l’FMRI arrivi a fornire mappature tipicamente con granularità sui tre quattro millimetri e a una frequenza di cattura di circa due 3 secondi per immagine.
Un altro approccio molto interessante e affine per la creazione di un intelligenza artificiale a partire da una biologica è quello della simulazione cerebrale.
In questo campo sono stati compiuti progressi significativi nella creazione di modelli parziali o completi di cervelli di animali come il verme C. elegans, il moscerino della frutta, la Drosophila e il topo.
Questi modelli rappresentano tappe cruciali verso la comprensione delle complesse reti neurali e delle funzioni cerebrali del cervello umano.
Uno dei progetti più ambiziosi in questo ambito è il Blue Brain Project, avviato dall’Istituto del Cervello e della Mente dell’Istituto EPFL in Svizzera.
L’obiettivo di questo progetto era quello di creare un cervello sintetico attraverso l’ingegnerizzazione inversa dei circuiti cerebrali dei mammiferi, con l’intento di accelerare la ricerca sperimentale sul cervello.
Nel 2009, dopo aver simulato con successo una parte del cervello di un ratto, il direttore del progetto, Henry Markram, affermò che un cervello umano artificiale, dettagliato e funzionante poteva essere costruito entro dieci anni.
Tuttavia, il progetto incontrò significative difficoltà gestionali, ma soprattutto nel raggiungere questi obiettivi più ambiziosi.
Ad oggi, simulazioni dettagliate del cervello umano risultano ancora un miraggio.
Un approccio completamente diverso al mind uploading rispetto alla scansione o la simulazione è rappresentato dall’emulazione comportamentale, ossia sulla base di dati comportamentali si cerca di creare il cervello digitale del creatore di tali contenuti.
Ad oggi esistono diverse start-up che utilizzano dati provenienti da profili social per creare chatbot o avatar digitali in grado di imitare il comportamento e la personalità di una persona reale.
Replika, una delle più conosciute in questo ambito, sviluppa chatbot personalizzati che interagiscono con gli utenti come amici virtuali, adattandosi, rispondendo in modo sempre più umano grazie alle conversazioni accumulate nel tempo.
Hereafter.ai è un’altra realtà che si concentra sulla creazione di chatbot basati sui ricordi e le storie di una persona, raccogliendo dati da interviste, testi, social network per simulare la personalità e le risposte, spesso con l’obiettivo di preservare la memoria di una persona cara.
In questa immagine vediamo un esempio di funzionamento dell’app che ci consente di registrare delle esperienze pregresse al fine di costruire la nostra replica digitale ed effettuare una sorta di mind uploading implicito e sicuramente meno preciso, attraverso la condivisione diretta delle nostre esperienze e dei nostri dati comportamentali.
Bene, in questa puntata abbiamo discusso del concetto di mind uploading come una strada alternativa alla creazione di un’intelligenza artificiale o meglio digitale.
In particolare abbiamo discusso della scansione cerebrale e di come la sua risoluzione spaziale e temporale corrente non siano sufficienti a fornire una scansione funzionale del cervello umano. E abbiamo anche parlato di simulazione e di emulazione comportamentale.
Sebbene siamo ancora molto distanti dalla possibilità di digitalizzare il nostro cervello, l’incredibile accelerazione del decollo delle tecnologie sottostanti, abilitanti rispetto a queste metodologie, ci fa cominciare a pensare che questa pazza idea fantascientifica non sia poi così folle.
Ciao! Alla prossima puntata di Le Voci dell’AI!