Il 2009, evidenzia uno studio Anie, sarà un anno difficile soprattutto per le imprese di piccole dimensioni
Dopo le premesse, le certezze. La crisi è arrivata con tutta la sua durezza e sta assumendo toni sempre più critici. Non solo le istituzioni finanziarie sono state investite dallo tsunami della crisi sia sostanziale che di fiducia, ormai anche l’economia reale è preda dei venti della recessione. In un contesto caratterizzato da una decelerazione della crescita internazionale e da un clima non favorevole agli investimenti, anche le imprese dell’elettrotecnica e dell’elettronica hanno sperimentato un 2008 difficile.
Un brusco rallentamento
Dopo la tenuta del trend di crescita a fine 2007 e il brusco rallentamento nel primo quadrimestre del 2008, segnala uno studio di Anie (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche) e Confindustria «l’indebolimento dei principali indicatori congiunturali a fine anno si è esteso alle componenti più vitali del settore, erodendo i tassi di crescita messi a segno nel corso dell’ultimo biennio». Questo nonostante si riconosca alle imprese del settore la capacità di rispondere alle sfide con strategie mirate a sostegno del riposizionamento competitivo: «L’innovazione di prodotto e di processo ha consentito un significativo miglioramento dell’offerta, a beneficio in primis degli utenti delle reti tecnologiche di cui è fornitrice l’industria Elettrotecnica ed Elettronica nazionale». Il rischio è che il quadro recessivo che si prospetta per l’economia italiana a tutto il 2009 e il rallentamento diffuso nel contesto internazionale, possano vanificare l’impegno realizzato in questo periodo. Un rischio che riguarda soprattutto per le imprese di media dimensione.
Anche chi si è riposizionato soffre la crisi
I dati parlano chiaro. L’Istat ha rilevato nel periodo gennaio-settembre 2008 una flessione dei livelli di attività di 4 punti percentuali al confronto con l’anno precedente (-2,7% il corrispondente dato per l’industria manifatturiera nazionale) per l’industria elettrotecnica ed elettronica. La distanza dai livelli di picco ciclico di fine 2001 si avvicina ora ai 30 punti percentuali. «I preconsuntivi – si legge nell’Osservatorio congiunturale Anie – per il fatturato totale e le esportazioni mostrano un segno negativo che non risparmia le componenti più vitali dell’industria elettrotecnica ed elettronica nazionale. Le forze frenanti non escludono neppure quelle imprese del settore che, forti delle recenti strategie di riposizionamento sui mercati esteri, sembravano più attrezzate ad affrontare le crescenti difficoltà di contesto». «Il 2008 – prosegue l’Anie – si appresta a interrompere un percorso espansivo del fatturato proseguito con diversa intensità dal 2004 (-2,5% la variazione attesa del giro d’affari complessivo; -0,5% per l’elettrotecnica e -4,5% per l’elettronica). Inoltre, il progressivo indebolimento in corso d’anno delle vendite oltreconfine ha portato in chiusura 2008 a un’inversione del trend che ha caratterizzato le esportazioni settoriali negli anni più recenti (-4,8% la variazione in valore attesa in media d’anno; +1,1% per l’elettrotecnica e -10% per l’elettronica). Le esportazioni, e più in generale i fenomeni di internazionalizzazione, sono stati un motore decisivo della profonda ristrutturazione che ha interessato il tessuto produttivo nazionale dai primi anni Duemila”.
L’export in frenata planetaria
L’export si è mantenuto in crescita più sostenuta nelle più vicine aree dell’Est Europa, che nel 2008 hanno rappresentato oltre il 10% dell’export totale del settore. La domanda proveniente dall’Area Opec dovrebbe risentire del mutato scenario indotto dal calo delle quotazioni del petrolio (+7,4% nei primi sette mesi del 2008; +24,6% nel 2007). Verso l’area nordamericana l’export italiano sconta gli effetti di un tasso di cambio euro/dollaro poco favorevole e della frenata dei consumi interni statunitensi. Si legge ancora nell’Osservatorio Anie: «Interessanti considerazioni emergono dalle tecnologie che trovano destinazione nelle reti infrastrutturali energetiche e dei trasporti (questa componente pesa per circa il 20% sulle esportazioni totali del settore). L’export di queste tecnologie, che interessa trasversalmente i comparti dell’elettrotecnica e dell’elettronica e che dal 2004 ha registrato un ritmo di crescita a due cifre, mostra nel 2008 una frenata evidente su scala globale (+2,9% nei primi sette mesi del 2008 contro +17,7% nel 2007). In corso d’anno le dinamiche espansive mantengono tassi elevati nei 12 Paesi nuovi entrati nell’Unione europea. Politiche di privatizzazione (Polonia) e apertura ai capitali stranieri in progetti infrastrutturali (Romania, Bulgaria) rappresentano un driver per l’export italiano verso queste aree. Il potenziamento di piani di sviluppo infrastrutturale in alcuni Paesi emergenti costituirà una leva preziosa per la domanda di tecnologie per le reti energetiche e dei trasporti. Colpisce la ripresa dell’export verso il Nord America che, complici le dinamiche nelle quotazioni energetiche, sta convogliando finanziamenti verso il trasporto ferroviario e il potenziamento della rete elettrica».
Il punto di vista dell’Anie
Per Guidalberto Guidi, Presidente di Anie, il 2009 non sarà un anno facile per le aziende della associazione: «La situazione è molto seria. Le aziende hanno dovuto confrontarsi con un ottobre caldissimo in cui si sono saldate due aree di bassa pressione: quella economica e quella finanziaria. Conseguenza di questo è stato lo scatenarsi della “tempesta perfetta”, con il crollo degli ordinativi e l’incapacità di vedere cosa ci possa prospettare il prossimo futuro. In sostanza siamo a bordo di una barca che procede in una “nebbia fitta senza strumenti». Il Governo, sottolinea Guidi, ha preso provvedimenti in modo veloce e il sistema industriale ha potuto sfruttare fattori che hanno contribuito a non far affondare la barca: «È diminuito il prezzo del rame e delle materie prime in generale e abbiamo assistito ad un rafforzamento del dollaro e dello yen». Secondo il presidente di Anie manca però il mercato, che non riesce a compensare lo spostamento della produzione in paesi come India, Romania, Cina e Croazia, e la conseguente trasposizione dell’economia da “prodotto a sistema”.