L’hi tech tricolore passa per Olivetti

L’importanza della società di Ivrea nel campo dell’innovazione. Dentro e fuori i capannoni

Pagine pubblicitarie su Repubblica e il Sole 24 ore ne annunciano il ritorno.
Marco Tronchetti Provera che guida la conferenza stampa di presentazione. Nel
rilancio di Olivetti, al quale si sta lavorando da quattro anni, Telecom ci
crede e non lesina i mezzi. Poi, magari, qualcuno si aspettava qualcosa in più
rispetto a un paio di stampanti, ma è solo l’inizio. Olivetti è
tornata
e anche se sa che ben difficilmente potrà ripetere i successi
del passato non vuole rinunciare a dire la sua nel camp dell’hi tech.


Perché innovazione è una parola da sempre viene utilizzata dentro e fuori i
suoi capannoni. Parlare di Olivetti limitandosi all’aspetto tecnologico vuole
dire infatti tagliare fuori un pezzo importante della storia dell’azienda di
Ivrea. Che con Adriano Olivetti, figlio di Camillo il fondatore
della società, fece muovere i primi passi, negli anni Cinquanta, a quel concetto
di responsabilità sociale d’impresa oggi tanto di moda. Il
legame fra Olivetti e Ivrea è fortissimo. Basta vedere quel cartello subito
fuori dall’autostrada che indica gli stabilimenti Olivetti, così come se si
parlasse di un paese e non di una società, con la classica scritta bianca con
sfondo blu tipica delle indicazioni stradali vecchio stile.


E mentre fuori dai capannoni si sviluppava un rapporto nuovo fra
azienda e territorio
, dentro nasceva la prima macchina per scrivere, la
mitica Lettera 22, l’Elea 9003 il primo calcolatore elettronico interamente
sviluppato in Italia fino ai modelli M20 e M24, i pc di Ivrea arrivati
quandol’azienda è già passata nella mani di Carlo De Benedetti. E’ in quegli
anni che la società di Ivrea svolta con decisione verso l’informatica e oltre ai
pc produce stampanti, ma anche fax, registratori di cassa, fotocopiatrici. La
concorrenza di nomi come Ibm e Hp, però, alla lunga è dura da reggere. La caduta
di prezzi e margini e la debolezza del mercato europeo mettono in crisi Olivetti
che riesce anche a infilare un clamoroso flop come quello dell’Envision,
una sorta di Windows Media Center arrivato troppo in anticipo sui
tempi.
.


Dopo le macchine per scrivere, l’elettronica arriva quindi il momento delle
telecomunicazioni. Fedele al suo Dna punta un’altra volta sull’innovazione con
la telefonia mobile e Omnitel e più avanti su quella fissa con Infostrada. Gli
anni Novanta, sotto la guida di Roberto Colaninno, segnano l’uscita
definitiva dall’It
e in particolare dai pc. Ricostruire la storia degli
ultimi anni della società significa infilarsi in un intrico di personaggi e
aziende molto difficile da districare. Olivetti Personal Computers, sull’orlo
del fallimento, nell’ottobre 1999 viene venduta alla Finmek di Padova di
proprietà di Carlo Fulchir per 21miliardi di lire. Op Computers si stacca dalla
casa madre e inizia una nuova storia.


In una freddissima e tristissima mattina di gennaio i nuovi padroni riaprono
lo stabilimento di Scarmagno. Ripartono i lavori e qualche mese dopo convocano
la stampa per annunciare la nuova vita di Olivetti. Gentile, simpatico, attento
a rispondere con sollecitudine a tutte le domande Fulchir spiega che il piano
industriale prevede la produzione di pc, server, schermi piatti e prodotti per
la telefonia (web phone) e il settore auto con l’obiettivo e’ arrivare a 1.100
miliardi di fatturato nel 2002. L’obiettivo non sarà mai raggiunto. Fulchir si
accorge che fare i pc non è il suo mestiere (il suo gruppo si occupa di contract
manifacturing).


Nel 2002 si accorda con Tecnodiffusione che avrà il compito di produrre e
distribuire i pc a brand Olivetti. Mai accordo nacque così
male
. Le liti iniziano subito dopo la firma. Questione di
interpretazioni. “Possiamo vendere anche sulla luna i pc Olivetti” dicono a
Tecnodiffusione. Potete farlo solo nei vostri punti vendita, risponde Fulchir.
In pratica non se ne fa nulla. Più tardi Tecnodiffusione acquisirà gli
stabilimenti di Scarmagno che rimarranno però coinvolti nel tracollo
dell’azienda toscana
. Tutta diversa la storia dell’altra Olivetti che
dopo essere stata protagonista nelle nuove tecnologie lo diventa anche nella
finanza tanto che da Olivetti Tecnost ormai era percepito solo come holdi ng
finanziaria e non come società industriale. Per questo oggi si è tornati
all’antico con Olivetti che, come recita la pubblicità “è pronta a dare
nuovo impulso all’information technology italiana nel mondo”.
Ce
n’è davvero bisogno.

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