Un nuovo Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano traccia le tendenze del settore, che non potrà più fare a meno della tecnologia
L’Information and communication technology nel Fashion italiano è ancora poco presente e, se c’è, ha prevalentemente funzioni di supporto operativo ai processi e non alle decisioni. Con tutte le eccezioni del caso (mai così numerose come in questo settore), se l’Ict smettesse di funzionare per qualche ora questo non pregiudicherebbe il proseguimento delle quotidiane operazioni di business. Si pensi a cosa potrebbe accadere, invece, in ambito bancario..
Ad analizzare le relazioni tra il comparto e la tecnologia ci ha pensato l’Osservatorio Ict& Cio nel Fashion-Retail, ulteriore declinazione degli sforzi messi in campo dalla School of Management del Politecnico di Milano, realizzato in questa prima edizione su un panel di 20 aziende tra le principali operanti in Italia.
Il quadro che ne risulta è quello di un comparto un po’ arretrato dal punto di vista dell’utilizzo delle tecnologie, dove l’Erp sta facendo ingresso solo adesso (questo è vero anche per alcune punte di diamante della moda made in Italy) e dove il Customer relationshiop management è, tecnicamente, un terreno ancora tutto da esplorare. Tra gli operatori del settore addirittura c’è chi sostiene che le aziende del fashion stiano facendo ora quello che altri settori hanno messo in atto negli anni 90 e che, parallelamente, l’offerta tecnologica per il comparto sia di fatto in ritardo.
Eppure il fashion, che comprende non solo abbigliamento ma anche pelletteria, arredamento e accessori come orologeria o occhialeria, è uno di quelli che da sempre traina l’Italia, in un contesto mondiale di costante crescita (+10% all’anno) che ha comportato il raddoppiamento del valore negli ultimi 10 anni, fino all’attuale soglia di 220 miliardi di dollari. I profitti delle società in genere sono alti e le azioni in borsa dei principali operatori hanno vissuto un vero boom. L’unico elemento economico di incertezza, cioè la contrazione del mercato statunitense, è tra l’altro controbilanciato dalla crescita dei mercati del Far East.
Le sfide del settore
Vi sono tuttavia istanze di cambiamento che insieme ad alcune specificità del settore fanno pensare, anche a breve, a un ruolo sempre più importante per l’Ict nel fashion. Le ha bene sintetizzate Giuliano Noci, ordinario di marketing del Politecnico di Milano.
Innanzitutto si sta assistendo all’allargamento del concetto di bene di lusso e dei mercati di riferimento. Si sta andando verso quello che viene definito “mass product luxury”, dove il branding è fondamentale. Cambia poi il comportamento degli utenti, sempre più internet-based e condizionati, nella scelta degli acquisti, dalle informazioni presenti sul Web. «Gli acquirenti sono sempre più “brand advocates”, generando una cassa di risonanza per il marchio/prodotto» spiega Noci. Protagonisti saranno la presenza Web rinnovata e lo sfruttamento di piattaforme di social networking. Inoltre, si assisterà allo sviluppo di format innovativi per il punto vendita, al fine di sfruttare la convergenza tra tecnologie Web e mobile, per creare esperienze multisensoriali.
Dato che la direzione è quella del superamento del paradigma prodotto-centrico verso una visione centrata sull’utente/cliente, è necessario improntare piani di marketing granulari, destinati il più possibile a singoli individui, tenendo conto delle istanze che da questi provengono. «È opportuno – sottolinea ancora Noci – mettere a frutto tutti i punti di contatto tra azienda e individui, attuando tecnicamente quella che si chiama multicanalità». È evidente come in tutto ciò la tecnologia, in questo caso il Crm, sia determinante.
Le specificità del business
Il fashion è caratterizzato da dinamiche particolari, come i cicli di vita brevi del prodotto, l’alta volatilità e la bassa prevedibilità. Oltre all’aumento della varietà di gamma, è necessario comprimere sempre più i tempi di messa in produzione, mentre si fa sempre più strada il fabbisogno di tracciabilità della supply chain, soprattutto per poter garantire i marchi dell’alto di gamma rispetto a contraffazioni.
La filiera, per contro, è segnata dall’estrema frammentazione produttiva: vi sono anche 10/15 transazioni fra l’inizio della produzione e il prodotto finito sul mercato. Un maggiore coordinamento è perseguibile in due modi: con la reintegrazione verticale (le aziende, cioè, si riportano in casa ciò che avevano esternalizzato), oppure con la reintegrazione virtuale, che può essere realizzata solo mediante le tecnologie Ict.
Oltre al maggiore controllo sula filiera soprattutto a valle, cioè nella distribuzione e nel retail, l’Ict consente l’allineamento tra le azioni di marketing e la supply chain, assecondando la necessità di velocizzare la produzione e l’uscita sul mercato.
Lo scenario futuro dell’Ict
La sensazione degli esperti del Politecnico, dopo questo primo esame del settore, è che il fashion si trovi in un momento di svolta, caratterizzato da fenomeni in atto già ben visibili, che possono essere guidati solo attraverso un utilizzo più esteso e consapevole dell’Ict. Parallelamente, evolverà nel breve termine il ruolo dei Cio, che pur operando fianco a fianco con il vertice dell’azienda vantano un ruolo strategico ancora sottovalutato e, in alcuni casi, minimo.